la torre

sollevatevi
uscite dalle vostre tombe di tela 
imbrattate
cantate
non vedete la luce? 
aprite gli occhi, chiedete. 

scendono dalla torre buia
le nuvole
cade a terra un nido di voci 
o scompare 
nel riflesso di un cielo che compare. 

è lui che le ha create

quello che del volto è tolto
è verde
e io vedo la cuffia
aderire a pensieri straniti

lui si dimena
non comprende l'idea che ha fatto sua
ammicca al suo addome prominente

un piccolo tuono sta seduto
sbiancato
scopre che le corde hanno un'anima 
leggera 
di luce che attraversa confini 
e luce spenta 
avvolta da una spirale di ferro 
ramato che taglia
se premuto

come faccio a premere senza provare dolore? 
era capitato
l'ho pensato
 
uno di quei nomi diceva di lui che non era solo
altri invece 
lo proiettavano lontano
la colata di cera aveva travolto pinocchio 
con il cappotto 
ancor prima che lui avesse un nome
appena in tempo 
perchè potesse reggersi sul suo naso.


la soffitta di Flora

L'ex casa del custode ha un numero civico, il nunero 2. Sulla porta un cartellino e una freccia con su scritto 'suonare dall'altra parte'. Ho rifatto nel primo pomeriggio la strada che avevo percorso la mattina. Mi sono accorta che il muro in calcestruzzo annerito è solo un abbassamento della parete che costeggia il marciapiede. In buona parte, la parete è rivestita con mattoni faccia a vista. Il quadrato di terra transennato l'ho trovato occupato da grandi sacchi bianchi con delle scritte blu, rigonfi di qualcosa che penso sia terra, e da assi di legno lunghe, e frammenti di legno accatastati a terra, a fianco dei sacchi. La bara non c'era più, e nemmeno gli uomini con le tute bianche e i badili. Le assi accatastate avevano lo stesso colore del legno consumato della bara che avevo visto la mattina. Ho percorso tutta la stradina con sassolini bianchi e sono arrivata all'uscita opposta del cimitero, verso il centro città. Sulla cancellata ho notato alcuni avvisi. Mi sono avvicinata e ho letto. L'oggetto dell'avviso principale era: 'Esumazione salme da Campo Prima Sepoltura'. L'avviso era diretto alle famiglie di chi compariva negli elenchi esposti, che comunicassero tempestivamente la destinazione dei resti. In caso contrario, i resti sarebbero stati deposti nell'ossario comune. Ho guardato le date dei decessi: erano tutti decessi dell'anno 1984. sono passati trent'anni. Ho letto uno per uno i nomi che compaiono negli elenchi. L'ultimo nome che ho letto, è quello di Flora. Flora abitava al quarto piano del condominio dove vivevo con i miei genitori. Era una donna molto bassa di statura. Per me bambina, Flora è sempre stata vecchia. Indossava spesso camicie a fiori, gonne al ginocchio, e scarpe con tacco medio. Incorniciato da capelli rossicci e corti, sempre cotonati, il suo viso aveva rughe ben evidenti. La mandibola era leggermente in fuori, cosicchè mi sembrava fosse faticoso per lei, sorridere. In ogni caso, il suo sorriso con rossetto rosso c'era sempre, per noi bambini.
Il condominio dove abitavo aveva un quinto piano non abitato, nel sottotetto, al quale si accedeva salendo una scala con gradini in cemento che portava ad una porta bianca. Oltre la porta ci si trovava in uno spazio che mi ha sempre fatto un po' paura, le soffitte degli appartamenti. Si poteva scegliere, una volta aperta la porta bianca, se andare a destra o a sinistra. Muri, pavimenti e gradini erano stati lasciati al grezzo. C'era polvere dappertutto, da anni. Le ragnatele pendevano un po' ovunque, ed erano particolarmente evidenti sugli angoli a soffitto. C'era un'apertura su una parete che dava sul cavedio centrale del condominio aperto sulla sommità, dalla parte opposta alla porta bianca, che irradiava luce naturale e permetteva una minima percezione degli spazi da percorrere prima di premere l'interruttore della luce, necessaria per accedere alle soffitte più periferiche. La nostra soffitta era una di queste. Una volta entrati dalla porta bianca, ci si dirigeva a destra, si dovevano salire quattro gradini bassi e larghi e accedere ad un corridoio molto stretto e con soffitto basso. C'erano porte a destra e a sinistra del corridoio. Quasi tutte le porte erano fatte con dei paletti in legno molto distanziati l'uno dall'altro, tanto che ci passava un braccio di bambino, e terminanti a punta verso il soffitto. Dal corridoio si poteva quindi vedere cosa ci fosse all'interno di queste soffitte. Le serrature con luchettini erano poi facilmente removibili. C'era una lampadina penzolante che illuminava appena l'ultima parte del corridoio. Noi bambini andavamo di nascosto dai genitori su al quinto piano, perchè una delle soffitte, quella adiacente alla nostra, era di proprietà di Flora. La soffitta di Flora aveva una di quelle porte da cui era possibile sbirciare all'interno, e Flora, nella sua soffitta, teneva una montagna di riviste pornografiche accatastate una sull'altra. Non siamo mai arrivati a rubare. Ci si provava, si, ad infilare un braccio tra le fessure del legno della porta, ma non si riusciva ad arrivare alla pila di riviste. Erano sempre troppo in là, ma si vedeva molto bene qualche fotografia in copertina. Che Flora fosse una prostituta me lo confermò mia madre. Mi disse che era una signora molto gentile, riservata, che non disturbava nessuno. Non esercitava in condominio, lavorava a Treviso, lo sapevano tutti, ed era una persona benvoluta in condominio. Leggendo il suo nome nell'elenco delle salme da esumare, ho pensato che non ci sarà nessuno per lei, che i suoi resti andranno all'ossario comune. Ho ripensato alla bara aperta che avevo visto alla mattina, e a quell'uomo in tuta bianca che rimuoveva il contenuto dicendo 'questo è a posto'. Ecco. Probabilmemte anche Flora è a posto.

a cielo aperto

Questa mattina il cantiere grande è aperto. Le protezioni mobili sono state tolte e gli scavi sono visibili al centro di una spianata. Mi avvicino alla recinzione fissa e attraverso come ogni giorno il cancelletto pedonale. So che appena svoltato l'angolo a sinistra salirò sul marciapiede stretto, un marciapiede che costeggia la vecchia casa del custode con due ambienti adibiti ora ad uffici. Terminata la struttura in calcestruzzo annerito lungo il marciapiede termina anche il marciapiede. Più in là, adiacente alla struttura in calcestruzzo annerito, so che vedrò un quadrato di terra e sassi transennato, probabilmente occupato da materiale edile in abbandono. Cammino a testa bassa. Cammino sul marciapiede e dopo pochi passi sento delle voci. Alzo la testa. Vedo un uomo oltre il marciapiede, in piedi sui sassi, di profilo. Indossa una tuta bianca che mi sembra aperta sul davanti e scarpe da lavoro molto sporche, un braccio piegato e appoggiato sul fianco sinistro, l'altro braccio puntato su un grosso badile. Guarda dritto davanti a sè. Le voci che sento provengono da quel quadrato di terra che ancora non vedo. L'uomo con il badile guarda in direzione del quadrato di terra. La sua testa è leggermente piegata verso il basso. Procedo e mi avvicino. Inizio a vedere una carriola, sulla sinistra, dopo la struttura in calcestruzzo annerito. La carriola è vuota. Faccio ancora qualche passo e il quadrato di terra mi è visibile completamente. Mi basta lanciare uno sguardo con la coda dell'occhio per avere la percezione di quante persone ci sono all'interno del quadrato di terra. La transenna è aperta su un lato. Vedo due uomini che indossano la stessa tuta bianca che indossa l'uomo di profilo e stanno in piedi l'uno di fianco all'altro, ognuno con il suo badile. Stanno fermi e guardano un terzo uomo che sta a poca distanza di fronte a loro ed è chinato in avanti. L'uomo chinato in avanti indossa la stessa tuta bianca. Muove un braccio verso il basso e dice 'questo è a posto'. Continuo a camminare. Scendo dal marciapiede e imbocco la stradina con sassolini bianchi che mi condurrà fuori. La mattina è fresca, penso che ho fatto bene ad indossare una sciarpa grossa, mi protegge adeguatamente. Alzo un po' le spalle. Mi accorgo che ho accelerato il passo. Affianco e velocemente supero una donna vestita di nero che cammina lentamente guardandosi attorno. L'immagine mi torna davanti. Gli intarsi sembravano di un materiale diverso dal legno. Le parti più sporgenti erano chiare, quasi gialle, le parti incavate erano scure, opache, quasi nere. Il peso della terra, la terra tutto attorno, e sopra, e sotto. La terra ha lavorato il legno e lo ha asciugato, o forse era ancora più inumidito. A me è sembrata una superficie asciutta, consumata, la superficie di un legno che aveva assorbito la terra. Il tempo e la terra. E il buio. Aveva assorbito tutto. Un bordo chiaro, ho visto appena un bordo chiaro all'interno, come un tessuto strappato, o tagliato lungo il bordo del legno. Niente coperchio. La mano dell'uomo in tuta bianca chinato in avanti si muoveva e muoveva la terra. Mi è sembrata terra. La mano non aveva guanto. Muoveva la terra con i suoi resti, all'interno di una bara aperta, sul quadrato di terra transennato.