Questa mattina il
cantiere grande è aperto. Le protezioni mobili sono state tolte e
gli scavi sono visibili al centro di una spianata. Mi avvicino alla
recinzione fissa e attraverso come ogni giorno il cancelletto
pedonale. So che appena svoltato l'angolo a sinistra salirò sul
marciapiede stretto, un marciapiede che costeggia la vecchia casa del
custode con due ambienti adibiti ora ad uffici. Terminata la
struttura in calcestruzzo annerito lungo il marciapiede termina anche il marciapiede. Più in
là, adiacente alla struttura in calcestruzzo annerito, so che vedrò
un quadrato di terra e sassi transennato, probabilmente occupato da
materiale edile in abbandono. Cammino a testa bassa. Cammino
sul marciapiede e dopo pochi passi sento delle voci. Alzo la testa.
Vedo un uomo oltre il marciapiede, in piedi sui sassi, di profilo.
Indossa una tuta bianca che mi sembra aperta sul davanti e scarpe da
lavoro molto sporche, un braccio piegato e appoggiato sul fianco
sinistro, l'altro braccio puntato su un grosso badile. Guarda dritto
davanti a sè. Le voci che sento provengono da quel quadrato di terra
che ancora non vedo. L'uomo con il badile guarda in direzione del
quadrato di terra. La sua testa è leggermente piegata verso il
basso. Procedo e mi avvicino. Inizio a vedere una carriola, sulla
sinistra, dopo la struttura in calcestruzzo annerito. La carriola è
vuota. Faccio ancora qualche passo e il quadrato di terra mi è
visibile completamente. Mi basta lanciare uno sguardo con la coda
dell'occhio per avere la percezione di quante persone ci sono
all'interno del quadrato di terra. La transenna è aperta su un
lato. Vedo due uomini che indossano la stessa tuta bianca che indossa
l'uomo di profilo e stanno in piedi l'uno di fianco all'altro, ognuno
con il suo badile. Stanno fermi e guardano un terzo uomo che sta a
poca distanza di fronte a loro ed è chinato in avanti. L'uomo
chinato in avanti indossa la stessa tuta bianca. Muove un braccio
verso il basso e dice 'questo è a posto'. Continuo a camminare.
Scendo dal marciapiede e imbocco la stradina con sassolini bianchi
che mi condurrà fuori. La mattina è fresca, penso che ho fatto bene
ad indossare una sciarpa grossa, mi protegge adeguatamente. Alzo un po' le spalle. Mi
accorgo che ho accelerato il passo. Affianco e velocemente supero una
donna vestita di nero che cammina lentamente guardandosi attorno. L'immagine mi torna davanti. Gli
intarsi sembravano di un materiale diverso dal legno. Le parti
più sporgenti erano chiare, quasi gialle, le parti incavate erano
scure, opache, quasi nere. Il peso della terra, la terra tutto
attorno, e sopra, e sotto. La terra ha lavorato il legno e lo ha
asciugato, o forse era ancora più inumidito. A me è sembrata una
superficie asciutta, consumata, la superficie di un legno che aveva
assorbito la terra. Il tempo e la terra. E il buio. Aveva assorbito
tutto. Un bordo chiaro, ho visto appena un bordo chiaro all'interno,
come un tessuto strappato, o tagliato lungo il bordo del legno.
Niente coperchio. La mano dell'uomo in tuta bianca chinato in avanti
si muoveva e muoveva la terra. Mi è sembrata terra. La mano non
aveva guanto. Muoveva la terra con i suoi resti, all'interno di una
bara aperta, sul quadrato di terra transennato.
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