fotografia

accomodati, siediti lì. non ti disturberà nessuno. il tavolino è piccolo, ma sufficiente. se ti dà fastidio puoi spostare il posacenere. la sedia si muove un po' perchè il pavimento è leggermente sconnesso. non servono caffetteria ma puoi bere una birra fresca, se ti va. ho lasciato lì la borsa, se vuoi puoi guardarci dentro. ho comprato un libro e un cd. mi sono rifugiata qui perchè faceva caldo e avevo sete. e poi ero stanca di camminare. non è male come posto. poca gente, e i baristi si fanno gli affari loro. dove vivo io non ci sono posti così. i bar si somigliano un po' tutti, non hanno personalità, come la maggior parte delle persone. sono posti puliti, in ordine, non ci sono oggetti o immagini riprodotte e appese ai muri che incuriosiscano per originalità. ci trovi per lo più cornici dell'ikea, dipinti senza respiro, plastiche colorate e composizioni floreali secche in vetro: il trionfo del decorativo a buon mercato. mentre qui, vedi, i muri sono un po' scrostati, in alcuni punti vedi il colore che c'era sotto prima che le pareti fossero ridipinte, le fughe del pavimento ospitano colonie di formiche che vanno e vengono, che se ti metti a guardarle non finisci più. la porta della toilette è coperta da una bandiera cubana e devi spostarla per entrare. sono diversi i materiali. non c'è marmorino, o legno laccato o specchi enormi, ma intonaco, con pigmenti carichi, legno grezzo e ferro, e ceramica piena, pesante. in molti punti delle pareti e del soffitto l'umidità regna indisturbata, ma la sensazione non è di degrado. è un luogo che sa di verità, di cose pensate e dette subito, uscite allo scoperto. qui non si ammicca, si dice. la musica è quella scelta dal barista, non quella che può piacere a chi entra e gli uomini che ho visto qui sembrano intenti a vivere la loro vita, non quella degli altri. a volte i pensieri rimangono nell'aria, come quelli di quel signore anziano con i baffi, quello che siede in fondo, vicino al ventilatore. è lì da stamattina, avrà bevuto quattro o cinque bicchierini di rhum mangiando noccioline e guarda verso l'uscita. mi è sembrato che parlasse a qualcuno, tanto i suoi occhi erano vivi. è stato un discorso lungo, tenero a momenti, e di rimprovero, anche. per tutto il tempo non ha mai posato la busta di plastica che tiene legata al polso. non deve pesargli molto, probabilmente non la sente nemmeno, perchè posa sul polso del suo soprabito verdino. la porta qui è sempre spalancata. non si curano di chiuderla fino a sera, così la musica si mescola alle voci dei passanti, alle sirene lontane nel traffico della via parallela. la prima volta che sono entrata pensavo di essere capitata male, più che altro perchè ero l'unica donna, ma non mi sono sentita osservata, ero una delle persone presenti, e basta. ho ordinato una birra, ho usato i servizi, e quando sono tornata al tavolo ho iniziato la mia lettura. ci sono luoghi che aiutano la lettura. suggeriscono l'intonazione, non interferiscono con il mondo immaginato e anzi, lo incoraggiano. ma la cosa che mi allieta maggiormente è che quando sono qui riesco ad annotare qualcosa ogni volta, qualcosa nel mio quaderno. oggi ho scritto le lamentazioni del mese di febbraio. ma nel momento stesso in cui le ho chiamate 'lamentazioni' ho capito che non ci sarà un seguito. è così. quando metto il punto, quando definisco, quando individuo un carattere, è la fine. ma scusami, non ti disturbo più. se hai bisogno di qualcosa, sono qua.

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