cerco con i piedi le
parti fredde delle lenzuola, ma le zone del letto incontaminate dal
calore del corpo si esauriscono presto. sono stesa prona. non trovo più ristoro in
nessun punto, così fuoriesco con le gambe lateralmente dalla
trapunta. una volta fuori dalle coperte tocco con le punte delle dita dei piedi la pediera del letto in legno, per sentire il freddo anche lì. non
mi basta. faccio una torsione all'indietro del braccio sinistro e con
la mano afferro un lembo della trapunta che mi copre fin sopra le
spalle. riesco a scoprirmi fino a metà schiena, poi torno per un
attimo con le braccia lungo il corpo. guardo i numeri della sveglia
elettronica. sono quasi le tre del mattino. fino a un attimo fa
dormivo. ora sono irrimediabilmente sveglia. il caldo non accenna a
diminuire così esco da sotto alle coperte anche con le braccia, mi
arrotolo le maniche della maglia fin sopra ai gomiti e giro il
cuscino sottosopra per cercare il contatto con la parte fredda,
quella che non porta memoria della mia testa che ora è diventata
bollente e pulsa, come sono bollenti e pulsano la schiena, il collo, il viso, tutta la
mia pelle scotta, un calore che vuole evadere dalla gabbia-corpo. volto ancora il viso per
avere anche sull'altra guancia la sensazione del fresco della federa
del cuscino. il pezzo di pelle tra il naso e la bocca suda di più.
lo asciugo. sento il freddo della stanza che poco a poco mi si posa
sopra. lo accolgo per una manciata di secondi ma si fa subito intenso
e il contrasto caldo/freddo si fa irritante soprattutto sulla
schiena, così inizio a rientrare con le gambe e con i piedi, poi
faccio lo stesso con le braccia e con il busto. mi calmo un po'.
tengo ancora gli occhi chiusi ma sento un bruciore sotto alle
palpebre, il bruciore di quando ho sonno e non dormo, di quando le
due fessure oculari sembrano particolarmente secche e il movimento
delle pupille produce una sensazione di attrito. desidero dormire ma
ora sento freddo, sempre più freddo, un freddo diffuso, dappertutto,
sullo stesso corpo che pochi minuti fa era un vulcano in eruzione.
chiudo bene le coperte sul lato esterno del letto, avvicino la
trapunta più possibile a contatto con la schiena in modo che non
passi aria, mi copro fin sopra alla testa, mi raggomitolo e mi metto
su di un lato in posizione fetale. sto lì. sono tutta sotto alle
coperte ma realizzo presto che ho ancora le maniche della maglia con
cui dormo arrotolate fin sopra ai gomiti, così le srotolo fino ai
polsi e mi rimetto in posizione. sento qualche brivido. e come ogni
volta che sento freddo stando sotto a uno strato considerevole di
coperte non riesco a non pensare a chi sta per strada, coperto da
cartoni, se va bene da un sacco a pelo. se fossi per strada che
farei, mi dico, come sopporterei il freddo? allora provo ad
allungarmi e a rilassare il corpo, e mentre mi muovo il pensiero
torna all'immagine dei due senzatetto, un uomo e una donna, che ho
visto su un marciapiede a Londra seduti appaiati su due sacchi a pelo
preparati come un letto matrimoniale, nel mezzo di un via vai caotico
di persone che senza problemi ci giravano attorno. evidentemente
scaldati dai fumi dell'alcool hanno richiamato con delle grida un
ragazzotto che passava loro davanti, offrendogli il cartone con la
pizza che probabilmente qualcuno aveva donato loro. il ragazzotto
senza fermarsi ha preso al volo il cartone e continuando la sua
marcia ha iniziato a mangiare pezzi di pizza. nell'andarsene ha
ringraziato con un gesto della mano i due senzatetto, che hanno riso
forte e salutato nella sua direzione. ma non è di questo che volevo
scrivere. il mio corpo sul letto. di questo volevo scrivere. il mio
corpo sul letto che non dorme e non riposa. anche il respiro cambia
con il variare della temperatura. è come se andassi a pescare ogni
respiro dal punto più profondo del torace, per tirarlo fuori e
sostenere il peso del disturbo a quanto pare inevitabile fino al
successivo momento di tregua. è uno scompiglio quotidiano. uno
scompiglio e un obbligo al movimento. il movimento è anche degli
occhi. non riesco a rimanere con gli occhi chiusi, li apro sul buio,
sul soffitto, che non vedo ma so che c'è, sul lampadario che non
vedo ma so che c'è, li tengo aperti sulla finestra, che pure non
vedo ma so che c'è, come so che ci sono l'armadio con i vestiti e la
biancheria intima, il comò per le lenzuola e gli asciugamani più
grandi con sopra il leggìo e il fumetto di Vanna Vinci, il comodino
con il libro di Daniele Del Giudice che sto leggendo e quello di
Beckett e quello di Piovene e quello di Bernhard e quello di Gogol e
un volume sulla poesia del Novecento, e gli occhiali, l'astuccetto
con le due matite, la vetrina in noce scuro con all'interno le
sciarpe e i cappelli, le collane, qualche foto, le spille, la
scrivania con le lenti di ingrandimento, la colonnina con sopra la
scultura africana, lo specchio, il ritratto che mi fece Paolucci, il
mio quadro di Genova 2001, la marina di Massimo, il quadro della
Tanzania regalo di Claudio, il gabbeh sotto alla scrivania e i due
yastic come scendiletto, la poltroncina con sopra due paia di jeans,
la sedia con appoggiata una felpa. e un corpo adagiato sul letto,
pesante di un peso superiore al suo peso.
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