Ho aperto la porta e
ho visto Sylla che mi aspettava al buio appoggiato al muro. Mi ha salutata con
un mezzo sorriso. 'Sono venuto a pagare' mi ha detto, 'come stai?'. L'ho
guardato entrare mentre richiudevo la porta: berretto di lana blu appena appoggiato
sulla testa, giacca impermeabile aziendale blu con scritte rosse, jeans grigi,
scarpe grosse marroni. Sylla è senza zigomi, ha labbra giganti, colore del
fango, e occhi spenti. Cammina lento. Quando sorride mostra i denti gialli e
con la lingua di un rosa acceso si inumidisce continuamente le labbra. Ha una
moglie che non lavora e deve mandare soldi in Senegal al resto della famiglia.
Ospita una persona a cui chiede una quota per riuscire a pagare il mutuo di 750
euro al mese. Fino a sei mesi fa faceva i turni di notte in una fabbrica che
produce rasaerba e prendeva uno stipendio buono, ora non più. Lavora nella
stessa fabbrica, ma di giorno e a orario fisso, dunque guadagna meno. Inoltre
da quando la moglie si è ricongiunta con lui, può ospitare solo una persona per
volta, così non ricava molto dall'affitto delle stanze, e questo incide sulla
sua possibilità di stare al passo con le spese condominiali, cosa che sta
facendo aumentare il suo debito progressivamente. L'ho incontrato per la prima
volta qualche anno fa, per un problema condominiale. Era comparsa una macchia
di umidità sul soffitto di un appartamento al piano terra in corrispondenza del
bagno dell'appartamento al piano di sopra, appartamento abitato da Sylla e da alcuni
coinquilini provenienti dal suo stesso paese. Mentre mi trovavo
nell'appartamento al piano terra con l'idraulico, mi è stato chiesto di salire
al primo piano e chiedere al proprietario di poter fare un sopralluogo nella
sua stanza da bagno. Ho salito a piedi una rampa di scale e mi sono avvicinata
alla porta di Sylla. Ho ascoltato se sentivo delle voci provenire dal suo
appartamento ma c'era silenzio. Ho suonato il campanello e ho atteso che qualcuno
venisse ad aprire la porta, ma non è venuto nessuno. Ho suonato una seconda
volta e ho atteso di nuovo invano, ma mentre stavo per andarmene ho sentito la
chiave girare e la porta aprirsi. Sono tornata vicino alla porta ma la persona
che l'ha aperta la teneva socchiusa, in modo tale da poter sbirciare
all'esterno senza permettermi di vedere niente oltre quella fessura, se non un pezzo
di ovale scuro con due occhi scuri, occhi che mi erano sembrati sì, un po‘ spenti.
Era Sylla. Mi sono presentata e gli ho spiegato che avevo necessità di entrare
a casa sua e di vedere il bagno per un problema di una perdita d'acqua
nell'appartamento al piano di sotto. Sylla rimaneva fermo sulla porta e mi
fissava con un’espressione umile, sembrava non capire quanto gli stavo dicendo.
Gli ho ripetuto in qualche modo il discorso scusandomi per il disturbo, e
avvisandolo che avrei dovuto far entrare anche un idraulico e un muratore. A
quel punto ha aperto un po' di più la porta e ho visto com'era vestito.
Indossava una tunica lunga fino ai piedi di un verde sgargiante, come il dorso
di una lucertola al sole, con ampie maniche bordate con ricami marrone e oro allo
stesso modo della scollatura a V che lasciava intravvedere una peluria grigia
sul petto, ai lati dello sterno. Un abbigliamento in forte contrasto con l’espressione
dimessa del suo viso. Ha aperto del tutto la porta e solo allora mi sono resa
conto che c'erano altre persone all'interno, quattro uomini neri, all’apparenza
più giovani di Sylla, vestiti con tuniche chiare, in cotone leggero, seduti a
terra sopra a grandi tappeti accostati che coprivano quasi tutta la superficie
del pavimento di quella stanza. Il resto della stanza era vuoto, tutte le finestre
erano chiuse, le serrande abbassate. Poca luce arrivava da una lampada poggiata
a terra. Gli uomini mi hanno guardata in silenzio. Ho salutato tutti ma nessuno
parlava e nemmeno si muoveva. Ho pensato che forse avevo interrotto un momento
di preghiera. Mi sono scusata ancora con Sylla per il disturbo e ho chiesto
dove si trovava il bagno. Mi ha indicato una direzione allungando il braccio e
tenendo lo sguardo basso, senza spostarsi e senza parlare. Ho chiesto se poteva
aprirmi le porte e qualche finestra, poichè anche il resto della casa era al
buio, nonostante fossero le primissime ore del pomeriggio. Anche l'aria sapeva
di chiuso. Sylla con lentezza mi si avvicinò e passò oltre, facendomi strada
verso il bagno. Accese qualche luce ma ancora non voleva saperne di aprire la
finestra. Raggiunto il bagno, ho chiesto se potevo aprire io la finestra. Sylla
disse di si. Mentre ero dentro al bagno sforzandomi di guardare solo i sanitari
e le piastrelle per cercare di capire se trovavo qualche traccia di acqua sul
pavimento o altrove, mi ha raggiunta l'idraulico che in modo molto rumoroso ha
decretato che il problema doveva provenire dallo scarico della vasca da bagno, e
che bisognava rompere le piastrelle per controllare. Ho spiegato allora a Sylla
che il condominio era assicurato e che l'assicurazione avrebbe provveduto a
risarcire i danni. Mentre parlavo con lui di questo cercando le parole più
semplici per farmi capire, l'idraulico mi abbandonò per scendere sul parcheggio
e prendere dal suo furgone alcuni attrezzi. In quel momento realizzai che ero
sola con cinque uomini che mi fissavano. Ero in fondo al bagno, spalle alla
finestra che avevo aperto e loro mi guardavano dalla porta, in silenzio. Da lì
non potevo uscire in quel momento, così, avendo esaurito l'argomento tecnico,
mi inventai di chiedere loro una cosa come 'E allora, come va la vita?'. Mi
rispose solo un uomo tra tutti, e mi disse perentorio, 'Male!'. Ho chiesto 'E
perchè va male?'. E lui rispose 'Perchè mancano le donne'. La conversazione si
chiuse su quelle parole, e io iniziai a contare i minuti nell‘attesa che
tornasse l'idraulico. Sylla si rivolse loro in una lingua che non ho compreso,
e gli uomini si allontanarono dal bagno verso un'altra stanza
dell'appartamento. Quella volta Sylla mi lasciò il suo numero di telefono. Da
quella volta se ha bisogno di qualcosa mi chiama e parla, si rende disponibile
se gli chiedo di collaborare, e viene in ufficio a pagare le spese di
condominio, come questa sera.
1 5 5 0 p a s s i
Un sottoportico con pavimento in
vecchie piastrelle rossicce e pilastri grigio chiaro da attraversare, sei
gradini da scendere, un vialetto tra due aree verdi alberate da percorrere, un
marciapiede da attraversare alla fine del vialetto, una strada da attraversare
una volta scesa dal marciapiede, un vialetto che inizia tra un campo da calcio
a sinistra e la recinzione di un condominio bianco a destra e che prosegue tra
la recinzione di una scuola materna confinante con il campo da calcio a
sinistra e la siepe di un altro condominio bianco confinante con il primo
condominio bianco a destra, un marciapiede sconnesso da imboccare tra una
strada a sinistra e un parco pubblico con alberi e panchine a destra, un altro
tratto di marciapiede rifatto da percorrere che costeggia un tratto di parete
di un centro commerciale a destra e la stessa strada di prima che prosegue a
sinistra, un pezzo di parcheggio del centro commerciale da attraversare,
strisce pedonali sulla strada da attraversare alla fine del parcheggio, cancello
d’ingresso a ovest del cimitero da oltrepassare, percorso pedonale su sassolini
bianchi all’interno del cimitero tra le tombe, cancello di uscita a
est del cimitero da oltrepassare, una strada chiusa da percorrere in senso
inverso, un marciapiede da imboccare sul ponte, un ponte da attraversare percorrendo
il marciapiede, marciapiede
da percorrere che prosegue per un primo tratto tra la siepe che costeggia la recinzione
dei campi da tennis a destra e la strada a sinistra, poi tra una siepe più alta
e fitta della prima che funge da recinzione alle vasche della piscina comunale
a destra e la strada di prima a sinistra, poi tra una facciata azzurra dello
stabile della piscina comunale a destra e sempre la stessa strada a sinistra, un
tratto di parcheggio della piscina comunale da attraversare giù dal marciapiede,
un altro tratto di marciapiede da imboccare che riprende oltre il parcheggio e che
prosegue lungo il lato nord della recinzione verde molto alta del parco giochi
a destra e sempre la stessa strada a sinistra, marciapiede da percorrere che
prosegue svoltando a destra lungo il lato est della stessa recinzione verde molto
alta del parco giochi a destra e una nuova strada a sinistra perpendicolare
alla precedente, strisce pedonali da attraversare verso sinistra e un nuovo marciapiede
da imboccare che procede tra la vetrina di una pasticceria a sinistra e una nuova
strada a destra, poi tra la vetrina di un ufficio a sinistra e la strada a
destra, poi tra la vetrina di un negozio di tecno copie a sinistra e la strada
a destra, poi tra il portone di ingresso di un condominio a sinistra e ancora
la strada a destra, poi tra la vetrina di un parrucchiere cinese con insegna
luminosa e intermittente a sinistra e sempre la stessa strada a destra, poi tra
la recinzione bassa di un gruppo di case a sinistra e la strada a destra, poi
tra la siepe alta con telecamera di una casa a sinistra e la strada a destra, poi
il marciapiede si allarga per contenere la ex pesa pubblica ora trasformata in
parcheggi e procede tra un tratto di siepe ancora più alta di una villa a
sinistra e ancora la stessa strada a destra, poi si apre uno dei parcheggi con pavimentazione in porfido della piazza da attraversare verso sinistra in direzione di un nuovo marciapiede,
marciapiede da percorrere che costeggia una pescheria a sinistra e il
parcheggio a destra, poi una pizzeria a sinistra e lo stesso parcheggio a
destra, poi un’agenzia di assicurazioni a sinistra e sempre il parcheggio di
prima a destra, una piccola curva del marciapiede da percorrere verso sinistra
e strisce pedonali da attraversare sulla strada in porfido verso destra in direzione dei portici
della piazza, un primo tratto di portico da imboccare che procede tra quattro
archi sorretti da pilastri a destra e in successione a sinistra una vetrina
chiusa di un negozio ristrutturato che precedentemente era una macelleria, la
vetrina un tabaccaio, due vetrine di un’agenzia di viaggi, una piccola galleria
che porta ad altri negozi all’interno di
una piazzetta interna scoperta, una vetrina di un bar, una vetrina di un
gelataio, strisce pedonali da attraversare fuori dal primo tratto di portico per
imboccare un secondo tratto di portico più lungo che procede tra file di archi
e pilastri rivolti verso la piazza che è un immenso parcheggio a destra e in
successione a sinistra la vetrina di un negozio di scarpe, poi la vetrina di un
negozio di calze, poi due vetrine di un altro negozio di scarpe, poi una piccola
galleria che porta ad altri negozi all’interno di una piazzetta interna coperta
più grande della precedente, poi una vetrina di un negozio di biancheria
intima, poi la doppia vetrina di un bar, poi la piccola ma doppia vetrina di un
negozio di abbigliamento, poi la vetrina di un altro bar, poi una seconda
galleria che porta verso una nuova piazzetta interna scoperta con negozi, poi
la vetrina di un negozio di scarpe, poi la vetrina di un negozio di biancheria
intima e costumi costeggiata da uno stretto camminamento che conduce a un
collegamento con la piazzetta scoperta di prima, poi la vetrina del Bar del
Centro con la porta di ingresso da oltrepassare per andare al banco e ordinare
un caffè.
d i q u e s t o e d i q u e l l o
Prendi ieri mattina, per
esempio. Camminavo sotto al portico della piazza, e come spesso
succede mentre vado al lavoro, che mi chiedo dove sto andando, me lo
sono chiesta anche ieri, sotto al portico della piazza.
Contrariamente ad altre volte, il tentativo di rispondere ha avuto un
brevissimo tratto di pensiero, nel senso che quasi subito, non so da
dove, mi è arrivata una risposta (annoto che al breve tratto di
pensiero ha corrisposto un tratto di camminata che mi ha permesso di
contare circa quattro o cinque pilastri del portico). Ma quello che
mi ha sorpresa, è che la risposta non è stata minimamente intaccata
dalla tristezza che sempre mi accompagna nei miei spostamenti. Anzi.
Si è trattato di una risposta soddisfacente, buona per me,
divergente al punto giusto. Ora che ne scrivo, ho ben presente la
sensazione che ne è scaturita, così come ricordo molto bene che da
quel momento in poi, dal momento in cui mi sono risposta, ho iniziato
a camminare più volentieri verso la meta, verso il mio ufficio, e i
negozi che scorrevano come sottotitoli alla mia sinistra, le vetrine
dei bar, le insegne delle banche e qualche passante che ho
incrociato, mi sono sembrati più piacevoli, quasi importanti.
Possibile, mi sono chiesta, che sia vero quello che penso? Può
davvero essere questa la risposta alla mia perenne domanda? Mi sento
vecchia, vecchia e parecchio in ritardo, eppure mi sono risposta
così. Se fossi il genere di persona che prende in mano la propria
vita, e vuole vedere cosa succede a fare veramente sul serio,
probabilmente la risposta si trasformerebbe in qualcosa di
interessante. Ma se non è così, se nonostante io abbia percepito
che la risposta è quella giusta, e l'ho capito perchè come poche
altre volte nella vita ho provato quel senso di coincidenza che non so spiegare, se non dovesse essere così dicevo, se io non
dovessi riuscire a spostare di un millimetro la mia posizione nel
mondo, nel mio mondo, e a fare di una risposta in una mattina
qualunque, La risposta, andrà a finire che starò peggio di prima,
di quando non riuscivo a rispondermi. Mi càpita, quando vedo un film
che racconta la storia di una persona in crisi con sè stessa, o
quando leggo un racconto su questo tema, di immedesimarmi e di
sentire che è di quello, solo di quello che mi interessa parlare,
salvo poi negarlo costantemente a me e agli altri, perchè mi scoccia
capire che in fondo il mio narcisismo non è mai morto, come mi
scoccia ammettere che tutti i miei tentativi di andare oltre, di
interessarmi ad altro, di cimentarmi in nuovi saperi, non sono
serviti poi a molto, se non a sopravvivermi. Tuttavia, in una mattina
qualunque, mentre camminavo sotto al portico della piazza per andare
al lavoro, ho iniziato uno dei miei dialoghi immaginari con persone
lontanissime dal mio mondo, che in questo caso era un laureato alla
Bocconi che si occupa di nuove tecnologie e di fabbrica 4.0, e gli ho
spiegato con malcelato orgoglio che la mia professione è finalizzata
a quello, proprio a quello.
d i g a m b e
Sul mio pigiama nuovo,
qua e là, piccoli aquiloni di diverso colore formano con le loro
code in movimento la parola 'love'. Anche i piedi invecchiano. Sono
immobile, seduta con gli occhi fissi, al buio, una tazza vuota nella
mano destra. Tocco con la mano sinistra i nevi sul collo. A tratti
crescono, sotto alle mie dita. So che ci sono sempre, sempre uguali,
spero. Ho sonno. A Portobello Road's volevo acquistare
quell'accessorio di abbigliamento da applicare per bellezza dal
ginocchio alla caviglia. Una specie di stivaletto senza piede, in stoffa imbottita e decorata, legato
con stringhe al polpaccio, simile al calzare romano. Poi ho visto da
un antiquario, o forse sarebbe meglio dire da un rigattiere, una
gamba da sarto, in legno liscio laccato bianco. Dal tallone alla
coscia era percorsa da una linea con disegnati i centimetri. Poggiava
su un piedistallo nero, quadrato, applicato alla sezione della
coscia. Calzari dal ginocchio alla caviglia e gamba da sarto. Se poi
penso a Spalato, ricordo che avevo notato la scorsa estate come tutte
le ragazze indossassero proprio calzari in stile romano. Qui in
Italia non ho notato questa moda. Non ho acquistato nè l'accessorio
calzare nè la gamba da sarto (avrei voluto farci un tavolino con la gamba da sarto,
applicando sopra al piede che si presentava rovesciato e piatto, un
piano d'appoggio). Ho portato a casa una lente con manico nero, finto ebano. Mi piacciono le lenti di ingrandimento. Ne ho tre. Quella
acquistata a Londra, una che apparteneva a mio padre, simile a quella
inglese ma un po' più grande e con l'impugnatura dritta, senza i
rigonfiamenti minimi di quella inglese e una terza lente che mi è stata donata e
viene da Venezia, in stile vagamente gotico. La lente vorrei
focalizzasse e ingrandisse le parole che scrivo. E vorrei ingigantire
le piccole cose, esagerarne le parti. Per questo provo spesso a
posarla qua e là, anche sulle mie gambe, a ingrandire le imperfezioni. Qua e là. Come la parola 'love' sul mio pigiama
nuovo.
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