d i q u e s t o e d i q u e l l o

Prendi ieri mattina, per esempio. Camminavo sotto al portico della piazza, e come spesso succede mentre vado al lavoro, che mi chiedo dove sto andando, me lo sono chiesta anche ieri, sotto al portico della piazza. Contrariamente ad altre volte, il tentativo di rispondere ha avuto un brevissimo tratto di pensiero, nel senso che quasi subito, non so da dove, mi è arrivata una risposta (annoto che al breve tratto di pensiero ha corrisposto un tratto di camminata che mi ha permesso di contare circa quattro o cinque pilastri del portico). Ma quello che mi ha sorpresa, è che la risposta non è stata minimamente intaccata dalla tristezza che sempre mi accompagna nei miei spostamenti. Anzi. Si è trattato di una risposta soddisfacente, buona per me, divergente al punto giusto. Ora che ne scrivo, ho ben presente la sensazione che ne è scaturita, così come ricordo molto bene che da quel momento in poi, dal momento in cui mi sono risposta, ho iniziato a camminare più volentieri verso la meta, verso il mio ufficio, e i negozi che scorrevano come sottotitoli alla mia sinistra, le vetrine dei bar, le insegne delle banche e qualche passante che ho incrociato, mi sono sembrati più piacevoli, quasi importanti. Possibile, mi sono chiesta, che sia vero quello che penso? Può davvero essere questa la risposta alla mia perenne domanda? Mi sento vecchia, vecchia e parecchio in ritardo, eppure mi sono risposta così. Se fossi il genere di persona che prende in mano la propria vita, e vuole vedere cosa succede a fare veramente sul serio, probabilmente la risposta si trasformerebbe in qualcosa di interessante. Ma se non è così, se nonostante io abbia percepito che la risposta è quella giusta, e l'ho capito perchè come poche altre volte nella vita ho provato quel senso di coincidenza che non so spiegare, se non dovesse essere così dicevo, se io non dovessi riuscire a spostare di un millimetro la mia posizione nel mondo, nel mio mondo, e a fare di una risposta in una mattina qualunque, La risposta, andrà a finire che starò peggio di prima, di quando non riuscivo a rispondermi. Mi càpita, quando vedo un film che racconta la storia di una persona in crisi con sè stessa, o quando leggo un racconto su questo tema, di immedesimarmi e di sentire che è di quello, solo di quello che mi interessa parlare, salvo poi negarlo costantemente a me e agli altri, perchè mi scoccia capire che in fondo il mio narcisismo non è mai morto, come mi scoccia ammettere che tutti i miei tentativi di andare oltre, di interessarmi ad altro, di cimentarmi in nuovi saperi, non sono serviti poi a molto, se non a sopravvivermi. Tuttavia, in una mattina qualunque, mentre camminavo sotto al portico della piazza per andare al lavoro, ho iniziato uno dei miei dialoghi immaginari con persone lontanissime dal mio mondo, che in questo caso era un laureato alla Bocconi che si occupa di nuove tecnologie e di fabbrica 4.0, e gli ho spiegato con malcelato orgoglio che la mia professione è finalizzata a quello, proprio a quello.


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