appuntamento con il poeta


Entro in Chiesa per vedere com’è.
Adocchio subito una cappella con la pala della Misericordia
che è un soggetto sempre molto strano,
per quelle figurine dipinte sotto al manto, ai piedi della Madonna
che sembrano mostriciattoli,
sproporzionati.

Mi fermo a leggere la targa affissa ad un pilastro
e leggo la didascalia.
Un prete molto giovane di spalle
sta aprendo una scatola di cartone
con i lumini di cera.
Non mi ha sentita dietro di lui
si volta e fa un salto con un mezzo urletto
si mette la mano sul petto
e mi guarda dicendo ‘è la seconda volta, oggi che prendo paura!
Prima con una signora con i suoi due bambini…’
Lo guardo e dico
‘mi sembra abbastanza prevedibile
in un luogo come questo
immaginare di avere qualcuno alle spalle’.

Il prete giovane si adombra, improvvisamente,
china la testa
e continua il suo lavoro sulla scatola di cartone
che conteneva i lumini di cera.
Non mi guarda più
non mi rivolge più la parola.

Esco per ascoltare il poeta
che dice ‘perché non provare a scrivere di una forchetta?’.

Poi lo fece con un cucchiaio
poi con un coltello.

22 settembre 2012

3 commenti:

  1. qual'è il dolore che ti porti dentro, 510?

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    1. ciao diquestitempi, una domanda più facile no è?
      mi viene in mente quel rabbino che disse: 'le belle domande non hanno risposta, tutte le altre non la meritano'...
      ecco, io aggiungo che la tua è una domanda troppo difficile. diciamo che l'inquietudine mi è sorella da sempre, ed evidentemente non riesco a prescindere da questo, un po' quando scrivo, forse un po' di più nelle cose che ho disegnato o dipinto.
      ma ti assicuro che per contro rido un sacco!!! ciao e grazie

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  2. sì, direi che è proprio l'inquitudine che dà spessore al tuo pennello e alle tue parole.
    mi piace, è uno spessore delicato, ma rapido ed efficace.
    ciao!

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