Entro in Chiesa per vedere com’è.
Adocchio subito una cappella con la pala della Misericordia
che è un soggetto sempre molto strano,
per quelle figurine dipinte sotto al manto, ai piedi della Madonna
che sembrano mostriciattoli,
sproporzionati.
Mi fermo a leggere la targa affissa ad un pilastro
e leggo la didascalia.
Un prete molto giovane di spalle
sta aprendo una scatola di cartone
con i lumini di cera.
Non mi ha sentita dietro di lui
si volta e fa un salto con un mezzo urletto
si mette la mano sul petto
e mi guarda dicendo ‘è la seconda volta, oggi che
prendo paura!
Prima con una signora con i suoi due bambini…’
Lo guardo e dico
‘mi sembra abbastanza prevedibile
in un luogo come questo
immaginare di avere qualcuno alle spalle’.
Il prete giovane si adombra, improvvisamente,
china la testa
e continua il suo lavoro sulla scatola di cartone
che conteneva i lumini di cera.
Non mi guarda più
non mi rivolge più la parola.
Esco per ascoltare il poeta
che dice ‘perché non provare a scrivere di una
forchetta?’.
Poi lo fece con un cucchiaio
poi con un coltello.
22 settembre 2012
qual'è il dolore che ti porti dentro, 510?
RispondiEliminaciao diquestitempi, una domanda più facile no è?
Eliminami viene in mente quel rabbino che disse: 'le belle domande non hanno risposta, tutte le altre non la meritano'...
ecco, io aggiungo che la tua è una domanda troppo difficile. diciamo che l'inquietudine mi è sorella da sempre, ed evidentemente non riesco a prescindere da questo, un po' quando scrivo, forse un po' di più nelle cose che ho disegnato o dipinto.
ma ti assicuro che per contro rido un sacco!!! ciao e grazie
sì, direi che è proprio l'inquitudine che dà spessore al tuo pennello e alle tue parole.
RispondiEliminami piace, è uno spessore delicato, ma rapido ed efficace.
ciao!