Ce l’aveva sempre
davanti agli occhi. Quel viso minuto e scuro era tutto quello che le
rimaneva di quell’incontro. Le appariva mentre redigeva i bilanci
al lavoro, mentre telefonava, mentre alla sera spegneva l’ultima
luce dell’ufficio e si avviava verso la porta. Uno sguardo diretto
e fermo, che faceva a pugni con una voce sommessa, e una mano tesa
verso la sua, al momento dei saluti prima di andarsene.
Aveva memoria di un unico
episodio nella sua vita in cui qualcuno aveva insistito per leggerle
la mano: al mare, d’estate, in compagnia di amici. Non aveva
gradito neanche allora, perché quella donna sbucata dal nulla aveva
azzeccato cose sul suo conto che proprio non poteva sapere. Questa
volta era andata diversamente, ma come allora non se l'aspettava.
Ogni tipo di anticipazione sulla sua vita non le interessava, e non
gradiva che qualcuno o qualcosa di imprevisto si insinuasse nei suoi
pensieri senza chiedere il permesso.
Aveva appena terminato di
archiviare una pratica nella stanza adiacente al suo ufficio quando
qualcuno suonò alla porta. Si diresse ad aprire. Si trovò davanti
una piccola donna, anagraficamente indecifrabile. Rimase qualche
istante a guardarla e poi si sentì in dovere di invitarla ad entrare
senza sapere il perché. Il suo passo era leggero e la sua figura era
elegante malgrado il vestito un po’ logoro. Rimase immagata da quel
volto segnato da piccole rughe che sembrava parlassero da sole,
ognuna raccontando una storia alle altre sconosciuta. Riuscì a
riaversi solo quando la donna le chiese di acquistare qualcosa, ed
ebbe la sfacciataggine di dirle che le cose che vendeva non le
piacevano per niente, che se ci fosse stato un oggetto curioso o
utile magari lo avrebbe preso, ma che i centrini all’uncinetto
davvero non le interessavano.
Aveva un modo infallibile
di rifiutare le persone, poche parole pronunciate con uno sguardo
immobile, ma mentre la invitava ad uscire ebbe un’esitazione e fu
in quel preciso istante che quella piccola donna la guardò negli
occhi ed espresse la sua profezia: “Il ventinove di questo mese ti
accadrà qualcosa di bellissimo”. Le fece un sorriso di scherno per
togliersela di torno e la salutò chiudendo la porta. Tornò alla sua
scrivania e riprese un po' scocciata il suo lavoro. Avvertiva a
tratti una curiosità impertinente per un calendario appeso alle sue
spalle, un calendario che le aveva regalato un suo amico fotografo,
con immagini che riproducevano paesaggi di montagna, ma si sforzava
di sopprimere ogni gesto in quella direzione. In fondo non aveva
l'abitudine di guardare quel calendario, annotava gli appuntamenti
sul suo pc e teneva un'agenda sul tavolo, ma non guardò nemmeno
quella. Fu quando spense il computer per la pausa pranzo che lanciò
un'occhiata veloce al calendario. Era il giorno nove. Ne mancavano venti,
al ventinove del mese.
Nel corso della prima
settimana a seguire spesso aveva avuto il bisogno di raccontare
quella cosa a qualcuno. Non importava fosse un collega, il marito o
un'amica. Poi ebbe un ripensamento. Non poteva continuare a dirlo in
giro, chissà cosa avrebbero pensato di lei, la scettica, che si
perdeva in chiacchiere per una 'maga'. Ma poi, chi l’aveva detto
che era una maga? Raccontarlo a più persone contribuiva certo a
creare un’aspettativa attorno a quella data, e finiva che ci si
credeva davvero. Decise di smettere di pensarci. Il mattino dopo si
svegliò, fece colazione al bar e si diresse al lavoro. Entrando in
ufficio si sentì sollevata, potè constatare che dal momento in cui
aveva aperto gli occhi non aveva pensato nemmeno per un attimo a
quella stupida storia! Si, ne era fuori. Si sistemò alla scrivania e
accese il computer, e dato che era un po’ in anticipo aprì il
giornale sulla pagina della cultura. Rimase ferma su quella pagina
senza leggerne una riga. Analizzò brevemente la sua vita e ne
convenne che in fondo tutto si svolgeva in maniera sempre uguale, che
si sarebbe accorta se qualcosa stesse per cambiare in modo radicale,
che non poteva succedere niente di straordinario.
Guardò ancora il
calendario. Era passata solo una settimana Non c’era in programma
alcunché per il ventinove di quel mese. Si chiese sorniona se non
era il caso di tentare la fortuna alla lotteria. ‘Perché se non
giochi non perdi mai, ma nemmeno vinci qualcosa’ si disse.
Nei giorni successivi
evitò per scaramanzia di fissarsi appuntamenti importanti di lavoro
per quel giorno. Un'amica la invitò a teatro allo spettacolo del
ventinove marzo, ma lei rifiutò con una scusa, pensando che se
mentre era a teatro succedeva qualcosa a casa non avrebbe potuto
esserci. Ma qualcosa cosa? Iniziò a pensare a cosa le sarebbe
piaciuto che accadesse se davvero ci fosse stata la possibilità che
qualcosa di bello le stesse per accadere. Si accorse che non era
allenata ad esprimere desideri, non lo faceva mai. Camminava per la
strada e si guardava attorno. ‘Magari sto per fare un incontro che
mi cambierà la vita, e tutta la gente che mi passa accanto non lo
sa. Forse tutti stanno per vivere un ventinove marzo come il mio e
non lo sanno’.
Sentì di stare quasi
meglio dopo che aveva pensato questo, ma erano passati altri dieci
giorni e ne mancavano solo tre al ventinove marzo. In fondo era come
vivere con uno scopo. ‘Mica tutti i giorni possono essere uguali.
Allora se uno non si aspetta mai niente dove sta il gusto di vivere?
Anche se: nessuna aspettativa = nessun dolore, per tutto quello che
non va come vorremmo’.
Una mattina in ufficio
tornò a guardare il calendario perché le venne in mente che non
aveva visto se il ventinove sarebbe stato un giorno lavorativo.
Scoprì che era di domenica. ‘Beh, allora è fatta! Certo non può
succedere niente di negativo, questo è sicuro. La mia è la solita
domenica. Una sana dormita, pranzo in famiglia, riposino pomeridiano,
pomeriggio davanti alla tele, aperitivo con gli amici nel bar della
piazza, cena in famiglia, serata davanti alla tele’.
E quella domenica fece
esattamente tutto quello che faceva ogni domenica. Ogni tanto tendeva
l’orecchio e poi sorrideva. ‘Visto? Non succede proprio un bel
niente. Sono tutte balle. Dovevo saperlo. Queste rumene andrebbero
sorvegliate, magari lanciano qualche profezia a persone deboli e
queste restano sconvolte. Poi si sente alla tele di suicidi
apparentemente immotivati, di anziani in fuga senza un perché. Sono
cose delicate. Bisogna starci attenti’.
L’indomani entrò in
ufficio soddisfatta e come prima cosa lanciò un’occhiata
compiaciuta al calendario. Restò di stucco. Si accorse che non era
aperto sul mese di marzo, ma era aperto addirittura sulla pagina di
luglio, poiché quel calendario non lo guardava mai nessuno, ed era
lì solo per le belle immagini con paesaggi. Lo sfogliò con rabbia e
guardò la pagina di marzo.
Il ventinove era stato di
giovedì.
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