dialogo immaginario con una statuina di carta made in Mexico


Un pentagramma vuoto in fronte
e due virgole bianche, poco lontane
a proteggere le tue pupille nere
pupille ferme
occhi severi
che lasciano esplodere rughe a raggiera
simmetriche al volto puntuto
di maschera egizia senza colore
non oro, niente splendore
solo mento aguzzo

Da dove vieni?
non rispondi
per questo sembri sapere

Mi piaci

Le due anfore che porti
penso siano vuote
ma non mi fido
così guardo dentro e scopro che si,
sono vuote
meno male, penso,
solo il peso dell’argilla
come il tuo respiro,
d’argilla,
e la tua veste fragile e bianca
per poco
strappata e logora sopra un drappo lungo fino ai piedi
di un rosso verde bosco
che torna a coprirti il capo
e il collo

Mi piaci

Ti ho vista uscire una sera d’agosto
lasciavi il tuo posto
mentre nulla di te si muoveva.
Annunciata da un fruscìo
hai atteso sull’uscio
e hai scritto parole
su un pezzo di carta ripiegato.
Un amore rubato?

Raccontami allora che cosa hai sognato
nello spazio bianco di un momento
chi ti ha insegnato, e cosa?
Dici che non hai mai saputo cos’era
quel nobile suono
da dove veniva non sai raccontare
eppure viveva nelle sue parole
e lo sentivi già noto
da uno spazio remoto.
Forse dirai che eri tu quella
che un mondo non finisce con le sue creature
e tu ritorni
senza sapere
chi ti ha preceduta
e chi ti succederà.

Dove vai?
non rispondi
per questo sembri sapere

Mi piaci

So di quell’onda bianca
e di grandi domande
all’uno e al tutto
con poco riscontro
se non qualche lutto.
Potresti tentare la sorte
e già ti vedo fuggire
con niente se non te.
Sarebbe un andare
o un tornare?

Dove sei, ora?
non rispondi
per questo sembri sapere

Mi piaci

Stringi forte al petto le tue due anfore vuote
nulla di ciò che hai raccolto
le potrà riempire
ti volti e guardi indietro
un bosco di radici
sepolte, non note
di certo intrecciate a premere sulle tue fattezze brune
sulle tue braccia ossute
sulla tua fierezza contadina.

Devi andare, ora
la luce del giorno si avvicina
e non è questo il tuo posto
torna in fila
mettiti in riga
così che ancora ti possa trovare
e come me ogni tuo signore
che la vita è questa
il giorno dopo il giorno
la notte dopo la notte
e nemmeno immagini quanto semini
di bene
e di male
attorno e fuori
tra i mille colori d’inverno.

Seducimi ancora da lì
baratta il tuo schermo con una lacrima
butta la maschera di nobile fiera
e tentami con il tuo pensiero forte
tu che vivi di luce bianca
ascolta il mio tormento
so che mi vedi
attendo un tuo cenno
voltati
ti prego
non lasciare che i giorni non abbiano un nome
portali con te
per ricominciare
a dividere e ad unire
a gioire e a soffrire
ad odiare e ad amare.

Gioca ancora con me
mi piaci
sarai il mio regalo di Natale



medusa
... chiedendo come mai Medusa, sola tra le sorelle, portasse nella chioma serpenti frammisti ai capelli...Ella era stata bellissima, oggetto della speranza e della competizione di molti pretendenti, ma la sua più grande dote erano i magnifici capelli... Si dice che il re del mare violentò la giovane nel tempio di Minerva: allora la figlia di Giove si voltò indignata, coprendo i suoi casti occhi con lo scudo, e perchè il fatto non restasse impunito, trasformò i capelli della Gorgone in orribili serpenti. E anche ora la dea ostenta sul petto i serpenti che ha generato, per riempire i nemici di stupefazione e di terrore...

Ovidio, Le metamorfosi LIBRO IV


l'Invidia
...Senza esitare si diresse allora alla casa dell'Invidia, nera di squallore e di marciume...la dea scorge l'Invidia intenta a mangiare carne di vipera...La magrezza le assedia le ossa, il suo sguardo è sempre bieco, i denti sono neri e corrosi, ha il petto pieno di livido fiele e la lingua cosparsa di veleno. Non sa cosa sia il riso, se non quello suscitato dalla vista dei dolori altrui...accompagna col suo sguardo obliquo la dea che si dilegua...poi afferra il bastone avvolto da una spirale di spine; è tutta coperta di nubi nere e dovunque arriva calpesta i fiori dei campi, dissecca le erbe, strappa le cime dei papaveri, inquina col suo alito l'aria che gli uomini respirano, le case, le città..

Ovidio, Le metamorfosi LIBRO II


ricevuto

poca luce ancora
sulle strade terrose
confini affollati di sabbia e sangue
di nuovo sirene
a separare il giorno dalla notte
la luce dalle tenebre
il cielo dalla terra
gli uomini dagli uomini
ti cerco con parole di speranza
mi rispondi, grazie a dio
con l'augurio di un buon giorno


mentre le voci cantano i numeri

sta per piovere
natura
in aumento
goccia lacrima
per
finire al mare
foglie
vermi
asfalto lucido
camini accesi
di poco
fuoco
cancello chiuso
serrande
abbassate

frigo vuoto

e vorrei

e vorrei portare
le mie parole sulle tue
vivere la trasformazione
del battito orientale
sorprenderti ancora
lasciarti immobile
e silente
a tentare di ripararti
dal riverbero di un suono mio

accadrà?


la fame

La Fame scavata dal digiuno...
La trovò in un campo pieno di pietre, che cercava di strappare con le unghie e coi denti i rari fili d'erba. Aveva i capelli irti, gli occhi infossati, il viso pallidissimo, le labbra bianche che sembravano coperte di muffa, la fauci inaridite dal tartaro, la pelle dura e tesa attraverso la quale si potevano contare gli organi interni; le ossa spuntavano come nude sotto la curva delle anche; non aveva ventre e al suo posto c'era un vuoto; la cassa toracica sembrava in bilico, sorretta a stento dalla spina dorsale. La magrezza aveva fatto sì che sembrassero più grosse le giunture: gonfie erano le rotule dei ginocchi e protuberanti in modo esagerato i talloni...

Ovidio, Le metamorfosi LIBRO VIII
aracne

Aracne sola non batte ciglio. Tuttavia arrossisce di un improvviso rossore che le colora il viso suo malgrado, per subito scomparire, come accade all'aria che si tinge di rosa al sorgere dell'aurora e poco dopo schiarisce col levarsi del sole...
Subito, al contatto col veleno, all'infelice cadono tutti i capelli e contemporaneamente le si rimpiccioliscono il naso, le orecchie e la testa: anche tutto il resto del corpo si riduce. Questo corpo reca attaccate ai lati dita sottilissime con funzione di gambe e tutto il resto è ventre, da cui ella emette un filo: così continua come ragno a tessere tele come prima...

Ovidio, Le metamorfosi LIBRO VI


narciso 1

arrivederci

la tua cortesia è così inutile,
sputami addosso con più verità!