Lui voleva guardarla da dietro.
L’aveva vista arrivare da in fondo, gonnellina corta in
chiffon nero e calze velatissime nere.
Stuzzicadente in bocca, si trovava tra la gente in attesa
tra le due porte, e si era spostato lentamente in modo da arrivarle alle
spalle. Lei di fronte ad una delle due uscite, guardava fuori, lui dietro,
guardava indisturbato il suo fondo schiena e quel paio di gambe sinuose fuoriuscire
da una minigonna troppo corta e troppo leggera, ammiccando ai compagni di
viaggio che gli sorridevano intuendone i pensieri. Lei, di almeno vent’anni più
giovane, si era accorta subito di quegli sguardi insolenti, e tradiva un
leggero imbarazzo. Il treno continuava a rallentare e le persone in attesa
iniziavano a fare pronostici sul lato da cui sarebbero scesi. Nessuno poteva
muoversi più, lo spazio era stato occupato del tutto, altre persone rimanevano
in coda nei corridoi e tra i passaggi dei vagoni che confluivano verso le
uscite. Finalmente il treno si fermò. La ragazza abbozzò un sorriso soddisfatto
nel capire qualche secondo prima che lei sarebbe stata l’ultima a scendere,
perché le porte si sarebbero aperte dalla parte opposta alla sua, e si voltò.
Lui si tolse lo stuzzicadenti dalla bocca, girò sui tacchi e
scese prima di lei, sconfitto.
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