alle
6,41 del mattino il sole non si è ancora posizionato sopra al tetto
del condominio bianco dove si trova la terrazza dell'appartamento
dell'uomo che io credo sia meridionale. a quell'ora, da qui, l'occhio
vede come stanno le cose. non c'è inganno. il bianco, l'immenso
bianco newtoniano - bianco il marmo nei cimiteri, bianco il pallore
dei morti - racconta i muri in alto e in basso, tra gli interstizi,
nei gocciolatoi, sulle pareti aggettanti, sugli stipiti delle porte.
butta acqua e si fa grigio, marcisce e si fa nero. torna grigio nella
tapparella abbassata, che da qui è un grigio-nero a intermittenza
orizzontale, un grigio-plastica che ammicca al grigio-tessuto
profilato di bianco della tenda da sole arrotolata a soffitto – il
mio soffitto, il tuo pavimento. bianco il vuoto che dovevo riempire
con il bianco-vuoto e sto ancora aspettando. alle 6,56 il sole è
sopra al tetto. disturba la vista. l'uomo che io credo sia
meridionale, nemmeno oggi s'è visto.
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