dietro le quinte 3

ho chiuso la tenda, ieri. all'improvviso mi sono sentita scoperta. quella figura con giacca celeste scuro, probabilmente un pile, era immobile e sembrava guardare me. sono scesa in strada. l'uomo che io credo sia meridionale era sempre lì che fumava sulla terrazza bianca. non ho resistito e passando sotto alla sua terrazza ho alzato lo sguardo nella sua direzione. porta gli occhiali. occhiali rotondi con una montatura leggera, dorata. lui di certo mi ha vista attraversare la strada. l'ho guardato mentre passavo di lato al condominio. lui guardava sempre dritto davanti a sè. allora mi sono girata e ho guardato da quel punto in direzione della mia finestra. ho visto il triangolo di vetro, e le tende giallo scuro. se accendo la luce e fuori è buio anche lui mi vede. forse non distingue bene la mia figura quando il cielo è chiaro e io non accendo luci nello studio. ho attraversato il cimitero per accorciare la strada da casa mia all'ufficio. nel calpestare i sassolini bianchi che ricoprono le stradine tra le tombe associavo il rumore dei miei passi ad un gigante che sgranocchiasse patatine. e i morti mi guardavano dalle foto nelle lapidi. sempre mi guardano da lì, e io non vedo loro. è sempre così. sarà sempre così? ho visto le tombe allestite a festa. ci sono donne che in questi giorni scendono dalle auto nei parcheggi attorno al cimitero con scope e secchi per pulire le lastre di marmo. fanno le casalinghe per i morti. lavano bene, riordinano, tolgono le foglie secche d'intorno, pensano i colori che devono essere diversi dall'ultimo giro di fiori, per dare ancor di più la sensazione di nuovo, di pulito, di festa. il fiorista all'entrata fa soldi a palate. nuvole di crisantemi. il fiorista che anni fa tentò una rapina e fu violento, mi saluta allegramente quando passo. parla forte. mi sorride e mi chiede "tutto ben?". ieri c'erano molte donne che attendevano di acquistare fiori. voci. umori umidi.

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