non so

non so se essere felice
di essere così normale

c'è ancora qualcosa

c'è una voce che mi dice che ho ragione
c'è una voce che mi dice che ho torto
c'è un'idea che mi sorride malignamente, ogni giorno
c'è un sogno che mi riscalda il cuore
c'è una favola che mi racconto
c'è un muro oltre cui non vedo
c'è la Bellezza
c'è l'inganno
c'è il mio essere miserabile
c'è il mio essere straordinaria
c'è una proiezione di me
c'è la paura di me
c'è tutto quello che non ho
c'è tutto quello che non so
c'è il mio pianto
c'è la mia commozione
c'è la mia felicità
c'è la mia disperazione
c'è il mio diverso sentire
c'è la consapevolezza di mancare
c'è l'incapacità di amare
c'è il mio orgoglio
c'è la mia presunzione
c'è che non so perchè
c'è che non so per chi
c'è un linguaggio differente
c'è una musica che mi sorprende
c'è la solita domenica
c'è una vita da buttare
c'è il dolore per il mondo
c'è la sofferenza degli altri
c'è un grido soffocato
c'è un dolore che non passa
c'è la forza del sangue
c'è la maschera sublime
c'è una mano tagliata
c'è l'anelito alla vita
c'è una scusa per odiare
c'è che è tutto vano
c'è che mi sento via di qua
c'è che ho l'anima dilaniata
c'è che voglio stare sola
c'è che sono stanca
c'è che, quanto manca?
c'è che un tempo ci credevo
c'è che è bello essere bambini
c'è la solitudine di una vita
c'è un destino mai uguale
c'è che la direzione è sbagliata
c'è che ho perso quella giusta
c'è che è inutile dire cosa c'è
c'è che odio la violenza
c'è che adoro le fragole con la panna
c'è un figlio da salvare.

29 gennaio 2007


LA

Avambraccio in LA

li ho visti tesi agli angoli di chiese,
lontani dalle genti,
laidi, magri e dolenti,
lesinare gli sguardi,
lodare chi si attardi
lasciando una moneta.
li ho incontrati ovunque, spesso per strada,
legati a un bimbo fasciato e dormiente
litanie per un mondo che degrada,
lasciati in disparte, semplicemente,
li ho fotografati nella mia mente.
là, che sia sole o pioggia,
luogo di culto o spiaggia,
la mano sempre avanti
lamentano gli stenti,
la posa sempre quieta.
la strada, il freddo marmo o gli scalini,
l'androne di un palazzo e il suo portone,
lamiere, cartoni, sacchi, cestini,
l'uno dei due ridotto ad un moncone,
latrina la casa dell'accattone.
legittime esistenze
leggere consistenze,
legati ai loro cani
lineamenti zigani,
la supplica consueta.
la storia di uno è storia di tutti,
la chiamerò la storia di Graziano:
l'avambraccio rotto da farabutti,
le suppliche con una sola mano,
l'incrocio con semaforo, paesano.
luci e colori alterni
l'estate e gli inverni,
la notte segue al giorno,
lente le auto attorno,
liturgia con compieta.

la vita può giocare strani scherzi:
lasciarti gli avambracci tutti interi,
l'ago in vena per imitare terzi,
le guerre tatuate nei militari,
le mani giunte dentro ai monasteri.
l'approdo si ripete
le differenze miete,
la strada è sì in salita
limitata, finita,
la meta ai più segreta.

lo sapremo mai cosa può pensare
l'uomo che chiede ai bordi della strada,
la vita intera passata a patire,
la mano tesa, vada come vada,
lo stare, finchè la gente dirada?
la gente, oh, la gente,
litigiosa, saccente,
la gente non si ferma,
l'occhiata ne conferma
la pietà di sfuggita.
l'immagine passa dalla rètina,
le forme restano impresse negli occhi,
l'avambraccio nel cuore rigermina
lambisce e trasforma tutti i miei blocchi
l'imbrunire favorisce i rintocchi.
la penna che può fare?
l'aiuto non compare,
lenta macerazione,
logorante illusione,
lenire la ferita.

quello che scrivono gli altri


 
shangai le tue parole,
osi un minimo dolore
orchestrato, lieve.
gemito d'autore.





SOL


Avambraccio in SOL 


seria fino in fondo io non so stare,
s'alza lo sguardo mio,
saluto qui con brio
segno famosissimo:
sta su un film notissimo,
Sordi ne fu interprete.
sicuramente avrete già capito,
se d'avambraccio stiamo qui parlando,
so esser accrescitivo del dito,
sempre insulto triviale il suo rimando,
sortita per insultar sbeffeggiando.
se mano nell'incavo
s'aggancia al suo concavo,
se avambraccio si piega
senso non fa una piega,
senza dubbi sarete.
storico sei tu, gesto dell'ombrello,
saper da dove può venir la fama
si addice a stravagante ritornello,
storia con S maiuscola chiama,
si trova in Guerra dei Cent'anni trama:
su campo di battaglia
si presenta marmaglia,
son tutti inglesi armati
son dai francesi odiati,
senza temer vendette.
si era ad Azincourt nel mille e quattro,
sul fare dell'autunno ecco il longbow
(sul mille e quattro e quindici .. non quattro
si sa, non cantaron over the rainbow)
sortirono i francesi la loro blow.
senz'altro è una leggenda,
se nei francesi scenda
sospetto di minaccia,
sul mozzar dito o braccia,
suvvia, mi abbonerete.
sicuri i francesi di aver la meglio
si misero ad alzar il dito medio,
sceneggiarono intenzione del taglio,
sbruffoni furono senza rimedio,
scherzandoci su, senza alcuno studio.
su tutti fu qualcuno
si sa, inopportuno,
scherzò sul taglio al braccio
simulò lì il gestaccio,
son scelte scellerate.
sopravvissuti in pochi furon quel dì,
sottovalutarono l'arco lungo,
squassati già poco dopo mezzodì
sconfitti da frecce inglesi, proprio lì.
simile fu per Sordi
storici i suoi bagordi,
segnati da sfortuna
su mossa inopportuna,
sfide non calcolate.
sul film 'I vitelloni' di Fellini
sbeffeggia dall'auto: 'lavoratori!'
sfidandoli con la pernacchia alcuni
si muovon verso l'auto minatori,
si trasforman così in vendicatori.
sulla vigliaccheria
sta il senso della storia,
sbeffeggio e goliardia
sottendon ironia,
salvo subir vendette.

FA

Avambraccio in FA

finire non mi basta, lo so bene,
fedifrago avambraccio,
faraone di ghiaccio,
folleggio per te ancora
fìdati, io son dura,
farò di te un'icona.

fuor di qui ricomincerò daccapo,
fosti cavallo di troia da usare,
forte del tuo potere da satrapo,
fallace sussidio al mio immaginare,
frusti le difese da penetrare.
fiore di loto, sbocci,
fascinosi i tuoi approcci,
fenice favolosa,
filiera macchinosa,
farò di te corona.

fosse da paragonarti a qualcosa,
frullar le note della mia canzone,
farei ricorso a nostalgia maestosa,
famosa musica d'una regione:
fui mandata al suo ascolto in confusione.
Fado è la forma mia
(fu pure di Pessoa)
forse per ricordare
forma tua popolare:
farò di te Lisbona.

famose le tue strade in saliscendi,
fotografia di una magica città,
forme irregolari, lontani araldi,
forse non lusso, ma calma e voluttà,
feudo, su sette colli, del baccalà!
fiume che si fa stretto,
forestiero da letto,
(frase che mi concedo
fico avambraccio, vedo)
farò di te persona.

fuggivi negli androni a tarda notte,
favoleggio di te, ma non so nulla,
fragile creatura, dalle ossa rotte,
fato avverso dal primo dì in culla,
feristi il mio cuore con un nonnulla.
forse fu sol poesia,
film di un canto, bugia,
frusta ancora l'anima,
forte voce anonima,
farò di te colonna.

forma o fila, comunque allineamento,
(fan fede gli antichi se son d'Ercole)
fiero mostrar di svariato ornamento,
finisci e cominci, ammirevole,
frutto prelibato per le apostole.
fusto che appoggia bene,
fascio, se in più colonne,
formula del massone,
fissa da Salomone:
farò di te Gorgone.

Forco e Ceto vivevano nell'Ade
figliaron tre volte, tra cui Medusa
fu la più nota di quella triade,
forse eri tu, sola autentica musa,
forse in Atena una faccia rinchiusa.
fluenti i tuoi capelli,
fatti a serpi ribelli,
fa il tuo sguardo di pietra
fugge ogni idolatra,
ferrato è chi rimane.

FA

fatta non fosti per scriver ballate

MI

Avambraccio in MI

mi ritrovai per una selva oscura
molteplici i suoi rami,
ma non vidi legnami,
mi accorsi delle vene,
mi accoccolai per bene:
mappamondo di pelle.

meno di un momento fu sufficiente
mentre andava il pensiero in superficie,
mentivo, tenetelo bene a mente,
miravo all'astrazione, mia editrice,
magica geometria evocatrice.
ma è ben diverso, si sa,
mappar percorso d'ossa,
mimar natura in segno
mediando con l'ingegno:
mostrare le stampelle.

mappa del mondo potrà diventare
margine d'avambraccio, linea sola,
memoria di confine lo scrutare
mutamenti minimi dell'aiuola,
magnifico mistero che s'immola.
martellando la mente,
matematicamente,
mirando all'avambraccio,
manubrio del maschiaccio,
muovo da stalle a stelle.

manu son io che vo tentando impresa:
muscoli, ossa, nervi, arterie e vene,
mi ossessiona da giorni la contesa,
mèntore di me stessa, in confusione,
manco ai miei impegni di amministrazione.
ma no, non serve tanto,
misurar basta il canto,
melenso o espressivo?
mi chiedo mentre vivo,
mordendo le mascelle.

m'arride ancora un'idea ripensando:
ma .. fratello d'avambraccio è polpaccio?
metti l'uomo a quattro zampe, a comando,
magico accordo, gomito-ginocchio,
(montato a viti se fosse Pinocchio)
mano e piede, che dire,
mi piaccion da morire,
medesima matrice,
magari sottovoce,
mitiche sentinelle.

ma or che penso bene a tutto quanto,
mi preme scriver anche un'altra cosa,
magari non sarà poesia d'incanto,
ma è questo il caso d'esser rigorosa,
muscolosa e si, scontrosa e incazzosa.
mi appresto a ricordare
momenti di terrore:
minaccia d'avambraccio,
mannaia anzichè abbraccio,
motore di barelle.

molti dei gesti noti d'avambraccio,
maschile, si, dico proprio di questo,
mio malgrado causano raccapriccio:
massacri di donne, con un pretesto,
magari per un addio, basta un gesto.
messaggio poco allegro?
mi fermo, non integro.
miracolo mi aspetto,
maschio! tu! maledetto!
mostra così le palle!

RE


Avambraccio in RE (dedicata a V.B.)


ritorna alla mia mente in questi giorni
reduce da dolore,
rabbuiata per ore,
ricordo d’avambraccio
riottoso al molliccio,
robusto e rockeggiante.

rapida divago per associare
Rodin Auguste, con ‘le penseur’ scolpito,
ritorta figura di pensatore,
riserva d’avambraccio ben guarnito,
re del pensiero, in simbolo mutato.
riunisco qui a tal lode
rumor per chi non m’ode:
rapido pensatore,
redento dal Signore,
rissoso già silente.

rare radure tra masse sapienti
rendon speciale l’incontro di luce
negli avambracci pieni, senza stenti,
ricchi di segni della forza in nuce,
riflesso di un’anima che seduce.
riecheggiano le Storie
rotte, provocatorie,
rantolano nei libri,
ricordano squilibri,
redimono il viandante.

rivedo allor tra fili di memoria,
redattor fidato dell’origine
raschiare a lungo notizie di storia,
ricomporre in parole il disordine,
remare contro muri di acredine.
risposte seppe dare
ricche spesso di ardore.
riguardo l’avambraccio,
rimase un suo traliccio
ritmò il blues, vivamente.

ritorno però all’avambraccio in arte,
restituisce spesso il mio ideale:
riprovo ancora a scoprir le mie carte,
riavvolgo la mia gioia naturale,
ripenso in RE ciò che per me è reale.
reca infatti tal gioco
regole non da poco:
redar lodi alla parte,
reietto il tutto ad arte,
ritratto competente.

rifletto su retinature ardite
ravvicinati sguardi, da paura,
rese di velature su faesite,
rosa incarnato per la tingitura,
rifinito a volte con raschiatura.
robuste le membrane
riducono il confine,
realtà e astrazione
ruotano in confusione.
ricreo. inconcludente.

rispondo a una domanda che può nascer:
riccioli i peli preferisci o dritti?
ruotano i riccioli sull’avambraccio,
ritti a pelle stanno gli altri piegati,  
ridicol pensar che siano d’impaccio,
rilevante, che non sian di bamboccio.
registro altro al tocco,
rintocco di scirocco,
rapido è il piacere,
risale al mio volere,
retrocede la mente.


nota: questa è una ballata triste. ho tentato di ricacciarla ma premeva per uscire. l'ho allora lasciata uscire. ma è pur sempre triste. inaspettata, pure.e nel suo insieme, s-ballata.

DO

















(prove tecniche per 'lodi anatomiche del corpo maschile')

titolo progetto
BALLATA STRAVAGANTE IN 7 NOTE: L'AVAMBRACCIO (luci e ombre)
(7 ballate sull'avambraccio, formate ognuna da 1 ritornello + 6 stanze. che poi si arrivi a realizzarlo, il progetto ..)


Avambraccio in DO


diedero un giorno il nome all'avambraccio,
domenica non era,
dimentico in che era.
da dietro e da davanti
diversi i movimenti:
due ossa articolate.
dovean sapere, pria ch'io fossi mia,
di quanto avrei goduto del disegno,
del mio debole per l'anatomia,
di notti insonni a dire: si, ora vegno,
disposta a tutto, ad ogni convegno.
devo dir che m'accende,
diamine se mi prende!
disegnarne le vene,
dietro e davanti, bene,
disfar le matite!

dacchè mi misi un dì per prova in prova,
due tele enormi feci a Claudio amico,
denaro per realizzar mi mancava,
decise lui, pagò per un trittico,
da due a tre divenne automatico.
due tele, due figure,
di tre, la terza in piedi
(distillaron paure
dirai tu, se le vedi)
d'avambraccio fornite.

diedi fiato alle trombe del disegno,
deh, quanto mi piacea sporcar le mani!
divenne sfida l'avambraccio pregno
di muscoli estensori su due piani,
diavolo d'un corpo, senza domani!
da questo che fu inizio
divenne presto vizio
dirottare il mio sguardo:
devo veder, se guardo,
dossi e cune a palate.

di avambracci a colori è pieno il mondo
dappertutto, dove li vidi, ho pianto
da Michelangiol copiar non pretendo,
da Egon Schiele, oh si, rubai tanto
devo dir con gusto, e senza rimpianto.
dovevo dire questo
da comporre in un testo,
dov'è però la donna
dietro l'artista in gonna?
domande strampalate!

dov'è, mi direte, ciò che ti piace
dell'avambraccio, un pezzo di braccio?
dirlo saprò, non c'è solo il 'rapace'.
dell'uomo intero, detto in modo spiccio,
desidero ciò che mi prende al laccio:
dal gomito giù al polso
dev'esser come l'orso,
dolente la sua presa,
di carne dura e tesa,
di mosse misurate.

dimagrito, sinuoso e delicato,
denota forse mollezza d'animo;
diffidare di quello non irsuto
depilato magari, anonimo,
devoto a se stesso, vuoto acronimo!
diversi ne ho scartati,
del resto anche gli ambìti,
devo dir la verità,
declinano con l'età:
dipende dalle date.