LA

Avambraccio in LA

li ho visti tesi agli angoli di chiese,
lontani dalle genti,
laidi, magri e dolenti,
lesinare gli sguardi,
lodare chi si attardi
lasciando una moneta.
li ho incontrati ovunque, spesso per strada,
legati a un bimbo fasciato e dormiente
litanie per un mondo che degrada,
lasciati in disparte, semplicemente,
li ho fotografati nella mia mente.
là, che sia sole o pioggia,
luogo di culto o spiaggia,
la mano sempre avanti
lamentano gli stenti,
la posa sempre quieta.
la strada, il freddo marmo o gli scalini,
l'androne di un palazzo e il suo portone,
lamiere, cartoni, sacchi, cestini,
l'uno dei due ridotto ad un moncone,
latrina la casa dell'accattone.
legittime esistenze
leggere consistenze,
legati ai loro cani
lineamenti zigani,
la supplica consueta.
la storia di uno è storia di tutti,
la chiamerò la storia di Graziano:
l'avambraccio rotto da farabutti,
le suppliche con una sola mano,
l'incrocio con semaforo, paesano.
luci e colori alterni
l'estate e gli inverni,
la notte segue al giorno,
lente le auto attorno,
liturgia con compieta.

la vita può giocare strani scherzi:
lasciarti gli avambracci tutti interi,
l'ago in vena per imitare terzi,
le guerre tatuate nei militari,
le mani giunte dentro ai monasteri.
l'approdo si ripete
le differenze miete,
la strada è sì in salita
limitata, finita,
la meta ai più segreta.

lo sapremo mai cosa può pensare
l'uomo che chiede ai bordi della strada,
la vita intera passata a patire,
la mano tesa, vada come vada,
lo stare, finchè la gente dirada?
la gente, oh, la gente,
litigiosa, saccente,
la gente non si ferma,
l'occhiata ne conferma
la pietà di sfuggita.
l'immagine passa dalla rètina,
le forme restano impresse negli occhi,
l'avambraccio nel cuore rigermina
lambisce e trasforma tutti i miei blocchi
l'imbrunire favorisce i rintocchi.
la penna che può fare?
l'aiuto non compare,
lenta macerazione,
logorante illusione,
lenire la ferita.

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