freccia a sinistra,
parcheggio la ford proprio sotto all'ufficio dove sono diretta. ho
appuntamento allo studio legale per una pratica di condominio.
l'avvocato a cui ho dato il mandato ha seguìto anche altre pratiche
per altri condomini, ci conosciamo già. suono il citofono. una voce
femminile mi prega di salire al primo piano. scelgo di non usare
l'ascensore. arrivo al primo piano e la segretaria dell'ufficio mi
attende sulla porta, sorridente. mi chiede di attendere qualche
minuto perchè l'avvocato sta terminando una telefonata. in realtà
so che a L. piace farsi annunciare. infatti arriva dopo mezzo
secondo, il tempo di fare il giro della scrivania e sbucare alla
porta. mi guarda compiaciuto e stringendomi la mano esclama 'tutta in
rosso oggi!'. specifico sforzandomi di sorridere che non è rosso ma
tant'è, ci stiamo già avviando lungo il corridoio che porta al suo
studio. mi accomodo di fronte alla sua scrivania sulla poltroncina a
sinistra e lascio sulla poltroncina a destra le due mie borse gonfie
di documenti, mentre lui chiude la porta alle mie spalle. non si
parla mai subito della pratica in corso, così gli chiedo se sia già
stato a Valencia come aveva programmato di fare il mese scorso.
inizia a raccontarmi, in modo pacato, della bontà della sua scelta.
mi spiega, aiutandosi con delle foto che fa scorrere sul suo
smartphone, la struttura della città spagnola, e quando arriva a
nominare il porto mi accomodo meglio sulla poltroncina per ascoltare,
ma la mia eccitazione dura poco. l'avvocato mi racconta di come la
zona del porto sia ben tagliata fuori dal resto della città, cosa
che ha apprezzato particolarmente in quanto si sa, nelle aree
portuali il degrado e la delinquenza sono sempre presenti. anzi, la
parola 'degrado' la suggerisco io mentre lui la cerca guardando fuori
dalla finestra. il resto del racconto sulla città, Calatrava, il
polo tecnologico, non sono riuscita a seguirlo con attenzione perchè
nella mia testa è partito un film, cosa che mi capita sempre più
spesso e comincia a preoccuparmi. è notte, le strade sono bagnate. i
vicoli che scendono al porto sono malamente illuminati da una luce
gialla che proviene da piccole lampade dondolanti disseminate a una
decina di metri l'una dall'altra, lungo il percorso che sto
compiendo. sono sola, ho un portamonete in mano, fumo. dopo aver
svoltato l'angolo di un'osteria con le serrande abbassate devo
attraversare un sottoportico. lo imbocco e nel primo tratto non c'è
nessuno. ancora qualche passo e sbucherei dall'altra parte, ma mi
cade il portamonete. mi piego a raccoglierlo e quando alzo la testa
ho davanti un uomo. è un tossico della zona, chiede soldi a
chiunque. faccio per scansarlo ma mi si para davanti. ridacchia di
me, mi dice che adesso devo vedermela da sola. io non parlo, e ancora
avanzo portandomi sulla sinistra, verso il muro per andare oltre.
l'uomo barcolla, mi lascia andare e ride. è il film di un ricordo,
ma non ero a Valencia, quella volta. esco dal sottoportico e ho di
nuovo davanti l'avvocato che mi sorride. 'occhiali nuovi?' chiedo.
'si!' mi risponde aggiustandoli sul viso. 'belli. dài che lavoriamo
un po'.
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