oggi è cambiata la
persona che mi segue nelle terapie. è un altro ragazzo. giampaolo è
via, mi ha detto, ti seguo io. mi sembrano uguali. giovani. barbetta.
più o meno gli stessi colori in viso, variazioni del castano chiaro.
solo giampaolo mi pare abbia occhi chiari, mentre questo (non ricordo
il suo nome anche se si è presentato stringendomi la mano) ha occhi
scuri. è cambiata anche la gabbia. di fronte al corridoio dal quale
arrivo. il tecnico di oggi mi dice che rimaniamo nella stessa
postazione (io la chiamo gabbia) a fare tanto la laser quanto gli
ultrasuoni. la bacinella oggi è verde acido. il lettino ha il
cuscino per i piedi rosso scuro. anche sotto alla testa oggi ho un
cuscino. di solito sono senza. l'acqua non è calda. direi quasi
fredda. il tecnico è appena entrato a vedere il tempo. mancano
cinque minuti. non mi aspettavo che rientrasse durante i dieci minuti
di ultrasuoni. giampaolo non lo fa mai. ho avuto quasi vergogna che
mi abbia vista mentre scrivevo sul moleskine. il giorno che ho
iniziato le terapie giampaolo mi ha chiesto se nell'attesa volevo
leggere una rivista. ho detto di si. poi, vista la rivista, che non
aveva nulla da invidiare alle riviste che si trovano dalla
parrucchiera, ovvero gossip e simili, ho deciso che avrei impiegato i
giorni seguenti a scrivere. quando facevo i massaggi al collo
dall'arabo israeliano nella sala d'attesa c'era unicamente la rivista
'Internazionale'. quella la sfogliavo volentieri. queste no. oggi
impiegherò un po' di più a rivestirmi perchè ho scarpe e non
ciabatte. ho fatto solo cinque sedute. questa è la sesta. eppure mi
rendo conto che ho già sedimentato delle piccole abitudini.
l'abitudine ai gesti. giampaolo non parla, e per il tempo necessario
alla terapia non entra mai a controllare. attende fuori dalla gabbia
che trascorrano i dieci minuti e quando la macchina emette un suono,
tipo un piccolo allarme, per lui è il segnale ed entra. cambia il
piede e mi lascia sola per altri dieci minuti. poi entra di nuovo e
mi fa trasferire in un'altra gabbia per gli ultrasuoni. mi fa sedere
sulla sedia. mi porta la bacinella con l'acqua, aspetta che io
immerga i piedi e inserisce il dispositivo che va collegato alla
macchina. accende la macchina, imposta il timer e se ne va per altri
dieci minuti. prima di uscire però, mi prepara sul lettino un bel
po' di carta per asciugare i piedi, cosicchè non devo aspettarlo una
volta terminati i dieci minuti. con il senno di poi, devo dire che
penso di lui che sia un po' sadico. quell'acqua bollente non era una
svista. ne sono quasi sicura. il motivo non lo conosco. comunque lui
non sa che io sono stoica, nel dolore. il tecnico nuovo è invece entrato nella
gabbia ogni tre quattro minuti a controllare il tempo, dicendolo a
voce alta. racconta a voce alta ogni cosa che fa. ti rende partecipe.
e non ha preparato prima la carta. così quando è terminato il tempo
l'ho aspettato, e mentre lui sistemava la macchina io mi asciugavo i
piedi in sua presenza. piccole differenze. piccoli gesti che
cambiano. ma in così poco tempo ho maturato delle aspettative sulle
modalità di svolgimento. e quindi? niente.
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