groviglio a china

cambio d'umore

la riunione è finita presto. sono da poco passate le 21 e 30. a turno si avvicinano e mi stringono la mano, mi fanno gli auguri, parlottano tra loro. lei rimane in disparte e attende. tiene le mani in tasca e ripete lentamente qualche minimo movimento con i piedi. aspetta che tutti escano. dopo qualche minuto chiudo la porta alle spalle dell'ultima persona che si avvia sul vano scala e rimango sola in ufficio con lei. mi sembra voglia questo, ma non dice. io non la conosco. ho la sensazione di averla vista lavorare in qualche negozio ma non sono in grado di ricordare con precisione. accenno a riordinare i documenti sul tavolo. ripercorro mentalmente la sua presenza. è arrivata un po' tardi, quando avevamo già iniziato la riunione, ed è rimasta sempre in silenzio a testa bassa, a consultare i bilanci. sono solo due anni che amministro il condominio dove lei ha un appartamento in proprietà e non ho ancora dimestichezza con i volti di tutti. le chiedo un generico 'come va' senza voltarmi e lei inizia a parlare, con poche parole. mi dice che è venuta alla riunione per sentire le lamentele. poi, di nuovo, tace. nella sala riunioni si sente solo il fruscio delle planimetrie e del libro verbali che sposto da un capo all'altro del tavolo. smetto di spostare i fogli, mi volto la guardo e la invito a sedersi. accetta. mi risiedo anch'io. è una donna sulla cinquantina, magra, molto pallida, occhi marroni senza trucco, capello corto tinto, di un biondo chiarissimo. compostezza, eleganza nei modi.
'quali lamentele?' chiedo. 'nessuno si è lamentato di nulla' dico.
inizia a parlarmi del figlio. di quel figlio che vive nell'appartamento da solo, dopo una convivenza conclusa con la fidanzata. un ragazzo di 32 anni con un viso d'angelo, così lo definisce.
'mio figlio ha procurato spesso disagio al condominio, per le persone che frequenta. credevo questa cosa le venisse riportata in riunione, per questo sono venuta qui, stasera'.
scuoto la testa per rassicurarla nuovamente del fatto che nessuno si è mai lamentato, nemmeno durante l'anno, e aggiungo che non so di cosa stia parlando. lei continua. mi ripete che il figlio frequenta persone sbagliate. che aveva un lavoro e si è licenziato. che fa uso di cocaina, beve e ha il vizio del gioco. 
'questa sera sono arrivata in ritardo perchè ero al colloquio con la psicologa del sert. ho provato di tutto. vorrei entrasse in comunità'. 
lentamente ma senza pause mi racconta la sua vita, quelli che presume siano i suoi fallimenti, le sue paure, le dipendenze del figlio. mi sento trascinare dentro. io non volevo. non so perchè sia successo. prima della riunione ero allegra. la figlia di miei amici mi ha comunicato che sarà mamma. l'ho abbracciata. mi sono commossa come non succedeva da tempo. sono rientrata a casa alle 23.00, angosciata.


occupazione del giorno

oggi ho permesso l'organizzazione del coagulo mantenendo il tampone di garza posizionato sopra il sito chirurgico, promuovendo così la guarigione della ferita

(linguaggio usato sul mio decalogo post operatorio, mica balle)

rognetta a parte, bello, ogni tanto, fermarsi, stare in divano, e leggere righe su righe su righe su righe

il buio arriva in aiuto alla forza che svanisce. chi mi sorride è il boia. lo so da me che può non esserci una fine. voglio solo sgomberare il campo, ora. sono il soldatino con la chiave sulla schiena. non ho paura. i miei occhi sono nero di latta. sono già andata via.

il nero si accende nella penombra. sento un bisbigliare fastidioso. tu sei lì, inutile come sempre. 'vado a dormire'. 'vai'.

sarà un groviglio sulla schiena, sullo sterno, in eterno.


dietro le quinte 22

questa notte non riuscivo a dormire. quando non riesco a dormire mi alzo dal letto e cambio stanza. mi sposto a piedi nudi, che anche le ciabatte sono portatrici di un fruscio udibile. i piedi nudi sul pavimento hanno l'unico inconveniente che si raffreddano, ma questa è cosa che riguarda solo me, dunque mi sposto a piedi nudi. mi sposto a piedi nudi e non faccio rumore non per evitare il disturbo al mondo, ma per evitare che il mondo si accorga di me, e mi disturbi. questa notte non riuscivo a dormire e sono uscita in terrazza. con mia grande sorpresa ho visto l'uomo che io credo sia meridionale in piedi nella sua terrazza. indossava una felpa scura e teneva nella mano destra una sigaretta accesa: ne vedevo il lumino quando avvicinava la mano al viso, alla bocca. per i primi minuti sono rimasta sulla soglia in marmo della mia porta finestra a guardare l'uomo che io credo sia meridionale che fumava nella sua terrazza. i miei piedi poggiavano la pianta interamente sul marmo e la sensazione era che ne facessero parte: erano marmo. solo dopo un po' ho iniziato ad avvertire un disagio, una sensazione di bagnato ai piedi. ho continuato a guardare nella direzione della terrazza dell'uomo che io credo sia meridionale per non perdere il momento in cui sarebbe rientrato per sparire ancora, forse per giorni, dalla mia vista, e mi sembrava che anche lui guardasse nella mia direzione. non c'era luce all'interno della stanza da cui era uscito l'uomo che io credo sia meridionale e anch'io avevo lasciato tutto spento. finita la sigaretta è rientrato e ha chiuso la porta a vetri. a quel punto ho guardato i miei piedi. c'era dell'acqua nella mia terrazza. dell'acqua che saliva sui miei piedi fermi sulla soglia in marmo e poi si ritirava sul pavimento. il movimento era quello delle onde del mare sulla riva, quando arrivano oramai minime, leggere, eleganti, applaudite dal cielo. qualche bollicina si formava per qualche attimo sopra alle mie dita ma spariva subito. quell'acqua incurante di me non spostava nulla di me. nessuna parte del mio corpo che questa notte non dormiva. nessun disturbo. nessuna pena.


dietro le quinte 21

la terrazza dell'appartamento dell'uomo che io credo sia meridionale oggi è sconcertata. potrebbe essere solo vuota dell'uomo che io credo sia meridionale; vuota della donna che è apparsa mercoledì 2 settembre indossando una maglietta a manica corta di un rosa acceso dopo mesi che non appariva nessuno; potrebbe apparire solo con la tapparella abbassata sulla porta finestra che costituisce il punto di attraversamento dall'interno all'esterno quindi irrimediabilmente dal privato al pubblico, motivo per cui io dovrei spingermi a scrivere di quanto vedo sopra e sotto e attorno alla terrazza non essendoci anima viva che la abita e non potendo restituirne i movimenti e le azioni; potrebbe avere solo la tenda da sole grigio chiaro arrotolata a soffitto con i lembi alle due estremità del bordo che svolazzano più forte di ieri perchè il vento li fa muovere; potrebbe avere solo la pianta verde dentro alla fioriera visibile sopra al parapetto e il presunto termometro da esterni appeso al muro poco più su dalla parte opposta alla pianta. oggi invece la terrazza dell'appartamento dell'uomo che io credo sia meridionale è sconcertata. il suo sconcerto è positivo, ma pur sempre uno sconcerto. lo sconcerto della terrazza dell'appartamento dell'uomo che io credo sia meridionale fa si che la circostanza, d'ora in poi, debba essere considerata, forse fuori da qui, se questo sarà possibile, se io sarò possibile. dichiaro ufficialmente morto il rapporto di causa – effetto.


dietro le quinte 20

sulla terrazza dell’appartamento dell’uomo che io credo sia meridionale questa mattina non c’è nessuno. la tapparella è alzata, metà anta della porta finestra è aperta verso l’interno della stanza, l’altra metà è chiusa. la tenda esterna da sole grigio chiaro è arrotolata a soffitto. a prima vista è tutto immobile. a ben vedere però, le due estremità del bordo della tenda arrotolata a soffitto si spostano dolcemente verso l’esterno o verso l’interno della terrazza seguendo la direzione della brezza. sposto lo sguardo per un momento sui due pini che fanno da quinta alla terrazza dell’appartamento dell’uomo che io credo sia meridionale. strizzo gli occhi per vedere cosa trovo, e trovo per primi i colori: almeno tre differenti gradazioni di verde, due marroni, tocchi di giallo e lampi di bianco qua e là. poi vedo a tratti un disegno pulito negli aghi dei rami che più si sporgono nella mia direzione. infine la struttura portante del tronco con i suoi rami, un sistema di linee come caratteri di una scrittura cinese. ma dietro, dietro il mondo rimane quello di prima, o almeno dovrebbe essere così. invece sulla terrazza dell’appartamento dell’uomo che io credo sia meridionale è avvenuto un cambiamento. la tapparella è del tutto abbassata, e non ho visto se la porta finestra sia stata chiusa, e da chi.


dietro le quinte 19

oggi è sabato. ogni sabato, qualcuno all'interno dell'appartamento dell'uomo che io credo sia meridionale pulisce il bagno. nel pomeriggio dopo le 15,30 la piccola finestra a destra della terrazza dell'appartamento dell'uomo che io credo sia meridionale rimane per circa un'ora con la tapparella completamente alzata. non vi sono riflessi all'esterno perchè il vetro della finestra rimane aperto verso l'interno. visto da qui, il foro della piccola finestra appare come un rettangolo nero su fondo bianco contornato da un bordo marrone chiaro. sul davanzale della finestra accanto alla terrazza dell'appartamento dell'uomo che io credo sia meridionale, il sabato pomeriggio dopo le 15,30 vengono posati quasi sempre tre contenitori: un piccolo secchio con coperchio di un colore chiaro, un porta scopino per bagno tutto cromato da cui fuoriesce il manico dello scopino e un altro oggetto di colore chiaro simile a un bicchiere grande. accanto a questi tre oggetti sul davanzale della finestra va e viene una bottiglia bianca che probabilmente contiene del detersivo. la mano di qualcuno all'interno dell'appartamento dell'uomo che io credo sia meridionale, il sabato pomeriggio dopo le 15,30 toglie e mette più volte la bottiglia bianca sul davanzale della finestra. dopo circa un'ora i tre contenitori vengono ritirati dal davanzale, sparisce la bottiglia bianca, la finestra viene chiusa e la tapparella abbassata. qualche volta nelle mattine dello scorso inverno ho visto la luce accesa dentro a quella finestra aperta. in quelle mattine ho visto l'uomo che io credo sia meridionale sostare per una decina di minuti in piedi di profilo, con addosso solo una canottiera bianca. probabilmente stava di fronte allo specchio sopra al lavandino.


dietro le quinte 18

alle 6,41 del mattino il sole non si è ancora posizionato sopra al tetto del condominio bianco dove si trova la terrazza dell'appartamento dell'uomo che io credo sia meridionale. a quell'ora, da qui, l'occhio vede come stanno le cose. non c'è inganno. il bianco, l'immenso bianco newtoniano - bianco il marmo nei cimiteri, bianco il pallore dei morti - racconta i muri in alto e in basso, tra gli interstizi, nei gocciolatoi, sulle pareti aggettanti, sugli stipiti delle porte. butta acqua e si fa grigio, marcisce e si fa nero. torna grigio nella tapparella abbassata, che da qui è un grigio-nero a intermittenza orizzontale, un grigio-plastica che ammicca al grigio-tessuto profilato di bianco della tenda da sole arrotolata a soffitto – il mio soffitto, il tuo pavimento. bianco il vuoto che dovevo riempire con il bianco-vuoto e sto ancora aspettando. alle 6,56 il sole è sopra al tetto. disturba la vista. l'uomo che io credo sia meridionale, nemmeno oggi s'è visto.


dietro le quinte 17

La terrazza dell’appartamento dell’uomo che io credo sia meridionale al mattino non è esposta al sole. In questo momento una delle due ante della porta a vetri è aperta verso l’interno della stanza. Da qui non distinguo cosa vi sia oltre il vetro. Se strizzo un po’ gli occhi riesco a mettere a fuoco le due metà della porta a vetri, quella aperta e quella chiusa, una in ombra e l’altra un po’ più in luce, entrambe parzialmente coperte dalla tenda bianca. Sul muro in facciata interno alla terrazza c’è un oggetto appeso che non avevo notato nei giorni scorsi, ma non riesco a capire cosa sia. E’ appeso sulla sinistra, poco sopra il parapetto, e visto da qui appare come una striscia scura verticale sul muro bianco. Potrebbe misurare tra i venti e i trenta centimetri di lunghezza, per una larghezza di quattro o cinque centimetri. Potrebbe essere un termometro da esterni. Da qui non distinguo se si tratti di un oggetto in legno o in altro materiale. Vedo solo che l’estremità superiore appare leggermente più scura. Oggi non compare nessuno nella terrazza dell’appartamento dell’uomo che io credo sia meridionale. Dai rami di pino che fanno da quinta tra me e la terrazza, continua lo stillicidio dopo la pioggia notturna.


dietro le quinte 16 - dopo il punto

nella terrazza dell'uomo che io credo sia meridionale questa mattina è apparsa una donna. erano mesi che non si vedeva anima viva in quella terrazza. e non vi si era mai affacciata una donna. fino a qualche mese fa, la terrazza dell'uomo che io credo sia meridionale ospitava solo lui, al mattino presto. lui che fumava una sigaretta e poi rientrava. a volte usciva di nuovo dopo mezz'ora e fumava un'altra sigaretta, poi rientrava e non compariva più. la terrazza è sempre stata vuota. ora si intravede una fioriera sospesa, appesa al parapetto laterale, con una pianta verde al suo interno. la porta a vetri, che separa la stanza dell'appartamento dell'uomo che io credo sia meridionale dalla terrazza, non ha mai avuto una tenda. ora una tenda bianca copre parzialmente il vetro e la cornice della porta finestra. la donna che ho visto questa mattina nella terrazza dell'uomo che io credo sia meridionale era intenta a potare le foglie della piccola pianta verde con una forbice che teneva nella mano destra. la donna che ho visto indossava una maglietta con manica corta di un rosa acceso, e aveva i capelli raccolti sulla nuca. la donna che ho visto è molto grassa, ha capelli scuri e messa di profilo ha il seno cadente. la donna che ho visto è rimasta nella terrazza dell'uomo che io credo sia meridionale per il tempo che io ho impiegato ad asciugarmi i capelli dopo la doccia, circa 12 minuti. la donna che ho visto faceva continui passetti in avvicinamento alla pianta e in allontanamento dalla pianta, come per vedere l'effetto che faceva il taglio di una foglia qua, e il taglio di una foglia là. poi si è toccata la testa per un momento, come per grattarsi, ed è rientrata nella stanza dell'appartamento dell'uomo che io credo sia meridionale.


estate


nel farsi di luce
produce occhi di albume umettante
ne ho vista la scia dal ponte asciutto
ne ho vista la calma di salma
e un mio, granitico, dolore


col darsela a gambe

per ora, solo questo
che la lordura mi sfugge
e non mi riesce ancora, di abbracciarla

attesa

parola di pittura

abbracciarti da dietro e carezzarti lo sterno
manciate di pelle tesa
sotto la camicia scolorita

vieni a svegliarmi, dici
lo farò

le rughe blu attendono l'asciugatura
lui le faceva anche rosa
un rosa intenso, doloroso
violento

le articolazioni covano i vermi del tempo
nasce il pensiero
e subito muore

obbediente, disobbedisco
lode a te, o pittura

a (me) lia, a me

attenzione: allontanarsi dalla linea gialla!

non so nemmeno se i colori nella notte sono quelli che vedo, o sono quelli che so essere dei colori

la maniglia del frigorifero proietta la sua ombra verticale e diventa un occhio che mi guarda, come Golia

la camomilla che bevo è priva di personalità

e se io non potessi, alla fine, rispondere alla domanda?

chiama il giardiniere. digli che non serve più

la mia sedia a dondolo è una macchina del tempo. e rivivo quel corpo minimo, claudicante, ma niente di tutto questo raggiungerà mai la tua immaginazione petrolifera scritta al contrario, cara amelia

un prima e un dopo profilati di blu

ti attendevo da tempo, è sempre un piacere

nascondo il supporto cartaceo alla vista
vedrai, entrando, solo la copertina del libro che sto leggendo - sono due tu -
e sarò salva, dalle tue domande

sente che non ce la fa più
la figlia gli apre gli occhi e continua a ripetere: non avere paura, siamo tutti qui

i poeti parlano di universo, di firmamento, come fossero misurabili
e ne dicono il contrario
ma come fanno?

ho capito che in fondo
è tutto normale,
cosa per me inaccettabile

anche tu amelia trovi dei colori, un che di giardino

no, no. non farò presto

è quel girotondo che mi sorprende a sorriderti

sviluppo e variazione, dici
come ho fatto a non pensarci prima, dico io

chissà perchè poi, ottuso.

non è l'andata che mi preoccupa
ma il ritorno

felice però, di aver riaperto quel libro

bo llicina

erro anche ora in buio, in acque, in vento
erro ancora da allora
all'incrocio dei tubi

dai rubinetti
dai rubinetti di casa
se rossa è calda
se blu è fredda

un tempo senza tempo
ci vide come fiumana unita
eterne conviventi
al bivio con l'abisso

poi fui presa
dalla flûte affinata
per raffinati aromi liberati

e ingoiata





mah

Ero lì come dopolavorista
che il capo non sapesse
tutti se lo chiesero

'spero che assuma'
'spero che assuma una svitata'
appena esce
chiamo Simeon

lui mi sorride,
il chiromante, il depravato
sparito
durante la nottata
di capovolte a testa in giù

a me offerse
solo le sue pupille
a mille e mille e mille

e un'orzata



Tentativo di cronaca di apertura della scatola

The tempest, quand'era ancora a casa mia. gm
foto di giulio mozzi pubblicata sul blog favole del morire

Martedì 17 febbraio 2015 mi arriva la scatola che avevo prenotato da Giulio Mozzi, tra le 11 disponibili. All'interno, erano previste una copia del volume Favole del morire (in libreria dal 19 febbraio), una maglietta con il disegno della copertina e una copia della prima edizione de La stanza degli animali. Il resto era a sorpresa. Questo vuole essere il resoconto di cosa ho trovato, aprendo la scatola.


Rimane lì sul tavolo per una ventina di minuti. L'attesa non mi dispiace. Poi mi decido, l'avvicino e la guardo meglio. Scatola bianca in cartone, Poste italiane. 32,5x21,9x9,6 cm., Peso max 2kg. Leggo il mittente, in alto a sinistra. Vedo il destinatario, in basso a destra. In questo caso non è un caso, penso, che uno stia in alto e l'altro stia in basso. È lì che sono. È lì che devono stare. Nastro adesivo blu Posteitaliane, nastro di sicurezza a chiusura orizzontale della scatola. Lo taglio, sollevo con un po' di forza una parte di cartone e credo di scoprire così il contenuto e invece no, c'è ancora un altro lembo della scatola da sollevare. Apro ancora e finalmente inizio a guardarci dentro. Carta di giornale appallottolata a riempimento di uno spazio altrimenti vuoto, sulla destra. La dispiego e la stiro un po' con il palmo della mano. È una pagina del Corriere della sera di venerdì 30 gennaio 2015. Leggo un titolo: 'Mattarella al quarto voto'. La tolgo dal tavolo dove ho appoggiato la scatola. Torno a guardare all'interno della scatola. Una busta da ufficio, bianca, aperta, è la prima cosa che prendo in mano. Contiene il volumetto La stanza degli animali :duepunti Edizioni. Uno dei libri di g.m. che preferisco. È decisamente in condizioni perfette, non come la copia che tengo nella mia libreria, un po' distrutta. Lo apro e l'annuso. Nessun odore particolare. Lo ripongo subito alla mia sinistra. Torno a guardare dentro alla scatola, e adocchio una tavoletta decorata con un'immagine di animali su fondo giallo, incorniciata alle due estremità da due elementi in primo piano, simili a colonnine, che fanno da quinta. La prendo subito in mano. Il retro della tavoletta ha un piccolo foro in alto al centro, che non attraversa tutto lo spessore. Sempre sul retro, ci sono due piccole etichette, una in basso a destra, e una in basso a sinistra. Riconosco la scritta Ljubljana sull'etichetta grigia in basso a destra. È una tavoletta che misura 15x6 cm. e al centro del bordo inferiore presenta una leggera scanalatura lunga 3 cm. Guardo l'immagine. La superficie sembra laccata e presenta delle screpolature che formano un reticolato leggero, regolare, i cui segni lasciano affiorare il colore del legno su cui è dipinta. I bordi sono un po' consumati. Continuo a guardare quell'immagine. Un orso con la lingua fuori sta seduto su un ovale con due sole ruote che fa da calesse. Tiene un frustino nella zampa destra sollevata, e nella sinistra un cordino che dovrebbe servire mi pare da redini per due galli enormi, grandi quanto lui, che lo trainano. Alle spalle di quella specie di calesse c'è un cavallino leggermente più piccolo dei due galli sollevato sulle due zampe posteriori, che tiene tra le due zampe anteriori un pezzo di cordino. Sulla parte inferiore, al centro dell'immagine, c'è un numero, forse una data: 1892. Penso che è un oggetto strano. Sorrido. Appoggio la tavoletta davanti al mio pc e torno a guardare dentro alla scatola. Trovo una copia di Animaliter. Zeitgenössische Erzählungen aus Italien, pubblicato da Düsseldorf Universisty Press nel 2014, contenente la traduzione in lingua tedesca (testo a fronte) di La stanza degli animali (nonché altri racconti di Vanni Santoni, Evelina Santangelo, Matteo B. Bianchi). Bel volume. Mi piace. Sono contenta di averlo. Mentre lo sposto alla mia destra mi chiedo come si sarà arrivati all'edizione tedesca dei racconti di :duepunti Edizioni sugli animali. Torno a guardare dentro alla scatola. Vedo una cosa che mi fa rallentare i movimenti. Sembra un taccuino. In cuoio morbido, marrone, decorato a motivi geometrici e floreali ripetuti, cucito sul dorso e richiuso con un doppio giro di cordoncino. Si apre spostando un primo lembo a destra e quello subito sotto a sinistra, e lì, si vedono i fogli cuciti in quattro gruppi, all'interno. Sembra carta riciclata, comunque grezza, color pergamena. Wow. Uno dei miei oggetti preferiti, e molto bello così, inviolabile. A questo punto sono un po' turbata. La scatola bianca di Poste italiane contiene cose che mi si adattano perfettamente, penso. Sposto il taccuino e lo appoggio alla mia sinistra. No, lo riprendo in mano per un momento, lo riapro e lo annuso. Lo richiudo e lo ripongo. Io lo so che la scatola bianca di Poste italiane deve contenere Favole del morire di g.m. ma i miei occhi continuano a girarci attorno, a spiare cosa c'è sopra e sotto al libro edito da Laurana. Però il libro è lì, e ora devo spostarlo per procedere all'estrazione dei pezzi della scatola, e poi la copertina chiama. Guardo lo scheletrino in monociclo che suona la fisarmonica. Disegno pulito, nero su fondo bianco. La faccia dello scheletro è allegra. E' lo stesso disegno che avrò sulla maglietta che fin dall'inizio ho vista stare sul fondo della scatola, avvolta in una busta in cellophane. Decido di scartare la busta e guardare la maglietta. Sovverto l'ordine dei pesi, sposto le Favole del morire che rimangono ancora all'interno della scatola, e sposto anche un'altra cosa che stava sotto, un'edizione in folio in cartoncino chiaro abbastanza spesso, un po' ingiallito, lunga 27cm e larga 16cm riposta a sua volta in una busta in cellophane perfettamente su misura, richiusa con un piccolo bollino bianco adesivo. E' un'edizione elegante, mi attira molto ma decido di aprirla dopo. Estraggo la maglietta. Vedendola così, a spanne, ci sto dentro una volta e mezza. Ho chiesto una XL ma è davvero gigantesca! Non credevo fosse così grande e rido forte, però non mi dispiace. So già come usarla, e ho pure cambiato idea: rimarrà mia, non la regalo in famiglia. E bravo Sorarù, penso, bella l'idea e perfetto il disegno. Anch'io ho disegnato scheletri, il tema mi è amico. Continuo a guardare il disegno sulla maglietta e vedo che la fisarmonica copre esattamente la parte che mi attrae da sempre dello scheletro. Penso a quell'alternanza di pieni e di vuoti che sta tra le vertebre della gabbia toracica ... che perfezione, che ritmo, e lo sterno poi ... un tronco con i suoi rami, che ne so. So che ho passato una valanga di tempo a tentare di entrarci con il disegno, con il colore. Ok, mi riprendo e sono ancora in piedi con le braccia tese davanti a me a tenere la maglietta aperta per vederla bene. La ripiego e la rimetto dentro al suo sacchetto in cellophane. La metto già in borsa, pronta per venire a casa con me. Torno sulla scatola. Guardo quell'edizione in folio. E' proprio bella vista così. La apro piano, e vado a lèggere di cosa si tratta. Il Pittore, uno scritto di Eugenio Montale – con un linoleum di Andrea Serafini. Infolio, L'officina – Vicenza 2006. Una sola piega, due fogli, quattro pagine, come da definizione. Leggo sull'ultima pagina: Il Pittore, tratto dal libro La poesia non esiste (1971), di Eugenio Montale, è stato composto con il carattere Bembo e stampato con torchio a mano Albion del 1880 su carta Zanders, in 80 copie numerate da Giovanni Turrìa. L'edizione fuori commercio a cura di Stefania Portinari contiene un linoleum inciso da Andrea Serafini. Esemplare numero ecc ...Vado a guardare il linoleum di Serafini. E' un'immagine bicromatica, verde acido e bianco, che rappresenta una mano con un pennello che traccia un dipinto di soggetto agreste, con tre bovini sullo sfondo. Il resto è natura. Ancora animali, penso. Ancora un contenuto che contiene un altro contenuto. Teatro nel teatro, questa scatola. Poi però è il momento del testo di Montale, che inizia così: IL PITTORE vorrebbe dipingere un bel prato verde smeraldo, una vacca che bruca i papaveri, due covoni di paglia sullo sfondo e in alto un cielo azzurro offuscato da riccioli di nubi. Vorrebbe ma non può farlo. Ci si è spesso provato ma una voce interiore gli ha detto: altolà, fermati. "Non possumus". Il pittore è stato informato che scopo dell'arte sua non è dipingere il vero ma le tempeste del suo cranio, la sua visione del mondo, la sua Weltanschauung. Ora nel suo cranio non c'era proprio nulla di simile ... Qui la cosa si fa seria, penso. Prezioso, elegante, di vero interesse. Non resisto e leggo tutto, velocissimamente. Richiudo delicatamente e ripongo nella busta. Sono nel mio ufficio e non mi sento a mio agio a lèggere qui, mi sembra vada perso il senso. Lo rileggerò a casa. Beh, Favole del morire, a noi due ora, sei rimasto solo tu e ti devo aprire perchè ho chiesto a g.m. di autografarmi la copia. Lo sollevo dalla scatola ma ... ma c'è ancora una cosa dentro ad una busta in cellophane che rotola in fondo, in un angolo della scatola. Ripongo Favole del morire sul tavolo, e prendo quell'oggettino. E' piccolo, molto piccolo. Lo tolgo dal cellophane e lo tocco. E' un'edizione mignon de La Tempesta di Shakespeare, per la precisione, The Tempest by William Shakespeare, Allied Newspapers Ltd. 200 Gray's Inn Road, London, W.C. La copertina è in pelle nera, goffrata. 296 pagine, printed in Scotland. Li ho guardati un sacco di volte questi libricini, nei banchetti delle librerie antiquarie, mai preso uno. La scatola, produce anche di queste sorprese, minime e nere. Adesso si, adesso Favole del morire rimane l'ultimo libro. Lo prendo in mano per sentirne la consistenza. Piacevole al tatto, per la copertina lucida. Cerco l'autografo, lo trovo subito, c'è. Vado all'indice e cerco la pagina della Favola del morire. E' a pag.123. Quella favola l'ho già letta. Si. L'ho già letta e non vedo l'ora di rileggerla. Perchè l'ho già letta? E quando l'avrei letta? Vado a rivedere la data della mail con cui g.m. mi aveva inviato, con mia somma sorpresa, il pdf del libro, in fase di impaginazione, per il solo fatto che avevo chiesto quando sarebbe stato pubblicato. Era il 5 novembre 2014. Alla mia dichiarata sorpresa per quel gesto che ho considerato imprevedibile, il Mozzi rispose: Macché imprevedibile, manu. Se ci pensi, tendo a fare sempre la cosa più pratica possibile. Es.: tu hai curiosità sul libro, quindi te lo mando.
Ecco. Questo è Mozzi: un teorema.
Grazie Mozzi.

fotografia

accomodati, siediti lì. non ti disturberà nessuno. il tavolino è piccolo, ma sufficiente. se ti dà fastidio puoi spostare il posacenere. la sedia si muove un po' perchè il pavimento è leggermente sconnesso. non servono caffetteria ma puoi bere una birra fresca, se ti va. ho lasciato lì la borsa, se vuoi puoi guardarci dentro. ho comprato un libro e un cd. mi sono rifugiata qui perchè faceva caldo e avevo sete. e poi ero stanca di camminare. non è male come posto. poca gente, e i baristi si fanno gli affari loro. dove vivo io non ci sono posti così. i bar si somigliano un po' tutti, non hanno personalità, come la maggior parte delle persone. sono posti puliti, in ordine, non ci sono oggetti o immagini riprodotte e appese ai muri che incuriosiscano per originalità. ci trovi per lo più cornici dell'ikea, dipinti senza respiro, plastiche colorate e composizioni floreali secche in vetro: il trionfo del decorativo a buon mercato. mentre qui, vedi, i muri sono un po' scrostati, in alcuni punti vedi il colore che c'era sotto prima che le pareti fossero ridipinte, le fughe del pavimento ospitano colonie di formiche che vanno e vengono, che se ti metti a guardarle non finisci più. la porta della toilette è coperta da una bandiera cubana e devi spostarla per entrare. sono diversi i materiali. non c'è marmorino, o legno laccato o specchi enormi, ma intonaco, con pigmenti carichi, legno grezzo e ferro, e ceramica piena, pesante. in molti punti delle pareti e del soffitto l'umidità regna indisturbata, ma la sensazione non è di degrado. è un luogo che sa di verità, di cose pensate e dette subito, uscite allo scoperto. qui non si ammicca, si dice. la musica è quella scelta dal barista, non quella che può piacere a chi entra e gli uomini che ho visto qui sembrano intenti a vivere la loro vita, non quella degli altri. a volte i pensieri rimangono nell'aria, come quelli di quel signore anziano con i baffi, quello che siede in fondo, vicino al ventilatore. è lì da stamattina, avrà bevuto quattro o cinque bicchierini di rhum mangiando noccioline e guarda verso l'uscita. mi è sembrato che parlasse a qualcuno, tanto i suoi occhi erano vivi. è stato un discorso lungo, tenero a momenti, e di rimprovero, anche. per tutto il tempo non ha mai posato la busta di plastica che tiene legata al polso. non deve pesargli molto, probabilmente non la sente nemmeno, perchè posa sul polso del suo soprabito verdino. la porta qui è sempre spalancata. non si curano di chiuderla fino a sera, così la musica si mescola alle voci dei passanti, alle sirene lontane nel traffico della via parallela. la prima volta che sono entrata pensavo di essere capitata male, più che altro perchè ero l'unica donna, ma non mi sono sentita osservata, ero una delle persone presenti, e basta. ho ordinato una birra, ho usato i servizi, e quando sono tornata al tavolo ho iniziato la mia lettura. ci sono luoghi che aiutano la lettura. suggeriscono l'intonazione, non interferiscono con il mondo immaginato e anzi, lo incoraggiano. ma la cosa che mi allieta maggiormente è che quando sono qui riesco ad annotare qualcosa ogni volta, qualcosa nel mio quaderno. oggi ho scritto le lamentazioni del mese di febbraio. ma nel momento stesso in cui le ho chiamate 'lamentazioni' ho capito che non ci sarà un seguito. è così. quando metto il punto, quando definisco, quando individuo un carattere, è la fine. ma scusami, non ti disturbo più. se hai bisogno di qualcosa, sono qua.

forse

ho scoperto che non mi piace ricevere libri in regalo. nessuno c'azzecca su cosa mi interessa lèggere, a meno che la scelta non sia preceduta da una soffiata, una mia soffiata. ma poi no... non è neanche precisamente così. se ci penso bene, alcuni libri che ho ricevuto in regalo sono libri che avrei acquistato, prima o poi, o che rientrano nelle mie preferenze. ma il fatto che mi vengano regalati fa si che vengano relegati tra i libri che con fatica, con estrema fatica affronto e tento di lèggere. e poi spesso, li abbandono senza arrivare all'ultima pagina. tra questi, comunque, ci sono quelli che rimarranno nel dimenticatoio, senza appello, e quelli che invece rimarranno una spina nel fianco perchè non ne ho terminato la lettura, per cui periodicamente vado, estraggo il tomo, sfoglio, dico tra me e me "an si!" e richiudo. tra loro e me però rimane sempre quel diaframma ineliminabile, quel toccare la copertina pensando che non li ho acquistati io. per non dire poi dei libri che prendo a prestito, rarissime volte, in biblioteca o da conoscenti che me li offrono, insistendo. ho detto conoscenti, non amici, che mica ne ho di amici che leggono cose che vorrei leggessero per poi istruirmi a dovere. si perchè io, mondo cane, ho necessità, estrema necessità di imparare, e da sola arrivo fin là. macchè. la gente che conosco legge libri gialli, o tutto di jane austen, o un classico all'anno, di cui poi ti sbandierano la conoscenza per una vita, oppure non leggono. ecco. forse preferisco quelli che non leggono e lo dicono. perchè gli altri leggono quello che leggono, e poi ti dicono "ho letto questo, bellissimo!". ma forse, io non ho amici. forse, oggi sono solo un po' nervosa.
fatico a immaginare cosa desiderare
una foto come questa, mi aiuta
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